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Basta subire: è giunto il momento di agire con determinazione

L’attacco della finanza speculativa è vicino e sta a noi dimostrare che è arrivata al capolinea


27/08/2018

di Mario Pinzi


I casi sono due. 
O siamo alla vigilia di una rinascita o all’inizio del crollo definitivo. 
Preferisco la prima ipotesi, perché sono un vero ottimista. 
Prima di affrontare l’argomento che più mi sta a cuore non posso tralasciare la sciagura del ponte di Genova. 
Su quanto è accaduto sono state scritte pagine intere quasi identiche e proprio per questo motivo cercherò di fornirvi una versione dei fatti diversa. 
Chi ha costruito il “Ponte di Brooklyn”, così i genovesi chiamavano il viadotto Polcevera dell’autostrada A10, è stato Riccardo Morandi che era uno studioso e convinto sostenitore delle potenzialità del cemento armato. 
Durante la sua carriera l’illustre ingegnere oltre al viadotto di Genova, in Italia realizzò anche il Ponte Vespucci di Firenze, il viadotto Fausto Bisantis a Catanzaro e il ponte di Sulmona. 
Cari lettori, questo futurista delle grandi opere edili ottenne le realizzazioni che ho sopra elencato per mano del suo sponsor Giuseppe Saragat presidente della Repubblica dal 20 dicembre del 1964 al 29 dicembre del 1971 che, dopo i fasti dell’inaugurazione del Ponte crollato, nei suoi interventi pubblici iniziò a glorificare le qualità del cemento armato invitando le imprese edili a cavalcare la materia prima del futuro promossa dal suo protetto. 
Gli operatori del settore pur sapendo che la sua durata non poteva superare i 50/60 anni iniziarono ugualmente ad utilizzarlo, perché capirono immediatamente che i permessi di costruzione si riducevano sensibilmente, i ricatti comunali non venivano più applicati, e se anche dopo 50 anni l’opera crollava la loro responsabilità era decaduta. 
Il prodotto che doveva proiettare l’Italia nel futuro l’ha condannata ad investimenti stratosferici per evitare il crollo di ponti e case che possono cedere in qualsiasi momento e se uno di noi morisse per la frana di una di queste costruzioni potrà ringraziare il grande Giuseppe Saragat presidente della repubblica. 
Un altro ringraziamento che non va assolutamente dimenticato si deve rivolgere a Prodi, Draghi e D’Alema per l’avvallo che i fratelle Benetton hanno ottenuto per l’acquisto delle autostrade dove c’è un accordo secretato come avviene quando si stringe un’intesa per la costruzione di armamenti nucleari che parla da solo per la grande limpidezza di quello che è stato scritto. 
Una segretezza che chiederne le spiegazioni offenderebbe il presidente della Repubblica, e vi posso assicurare che in questo momento con soli 40 morti sarebbe veramente fuori luogo.  
Fatte queste due precisazioni, ora desidero affrontare il problema che più mi sta a cuore; l’attacco delle agenzie di rating (Fitch, Moody’s, S&P) che presto inizieranno a gettare sui mercati pillole avvelenate. 
Proprio per questo motivo è importante evidenziare la becera politica dell’austerità voluta dall’asse franco-tedesco che ci sta mettendo in ginocchio. Questo disegno voluto da Berlino è stato finalizzato all’incremento dell’esportazione, perché con l’euro la Germania ha ottenuto dei vantaggi che col marco non aveva. 
Insomma, i tedeschi vivono sulle nostre spalle. 
A confermarlo ci sono i dati economici sulla differenza tra esportazioni e importazioni che hanno accumulato in questi anni. 
Questo vantaggio vale 300 miliardi che sono stati rubati all’Italia, e se non siamo dei fessi questo importo, con le buone o le cattive, deve tornare nelle nostre casse. 
Va ricordato che le esportazioni tedesche sono esplose con l’euro. 
Infatti, prima Berlino era sempre in deficit, importava di più di quanto esportava. 
L’Italia invece esportava molto di più di quello che importava e noi crescevamo. 
Insomma, il successo tedesco è facilmente spiegabile: retribuzioni basse, pochi investimenti e una moneta “l’euro” svalutata nei confronti del marco del 30/40% e sopravvalutata per l’Italia, storico competitor manifatturiero dell’asse franco-tedesco. 
Un'altra anomalia teutonica che non va dimenticata sono gli investimenti pubblici e privati inferiori a Italia, Francia e Spagna. 
In sostanza, la Germania è più ricca del 40% rispetto al passato per aver rubato le nostre esportazioni e non per bravura.  
I tedeschi abbandonando il marco hanno ottenuto un vantaggio competitivo che ha fatto piegare le gambe a mezza Europa. 
Cari lettori, questi dati evidenziano che il Paese germanico non è quello che sembra e la sua immagine presto crollerà. 
Tradendo i concetti europei la Merkel è riuscita ad accumulare un surplus economico stratosferico, ma presto con Salvini il sorriso sparirà dalla sue labbra. Il nostro debito in mano straniera ammonta al 32% del Pil e annualmente ci costa 80 miliardi di interessi passivi. 
Lo sgambetto degli speculatori è molto vicino, e l’Italia se non vuole perire dovrà tornare in possesso della sovranità monetaria trasferendo tutto il proprio debito nelle tasche degli italiani che possiedono 8.000 miliardi.
In una prima fase avremo dei forti scossoni, ma sono certo che in futuro il nostro Paese sarà tra i leader del mondo, e non saranno i mercati a decidere il nostro destino…       

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