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È questo il tempo dell'antisocialità

Con un interrogativo al seguito: cosa si nasconde dietro il paravento dell'uguaglianza e della democrazia?


17/12/2018

di Andrea di Furia

Mai come oggi si parla di sociale. Mai come oggi l’antisociale impera. Che si parli di ciò che non c’è è evidente al massimo. Pensiamo all’uguaglianza: non esiste ancora nel lavoro tra uomo e donna. Pensiamo alla Democrazia, dov’è nel Mondo? Negli USA e UK c’è Imperialismo sotto la maschera democratica.

In Cina, Russia, Paesi Arabi, Paesi Orientali e Paesi dell’America latina c’è Dispotismo sotto la maschera democratica. In Europa c’è Dittatura light sotto la maschera democratica. In Italia c’è stupida e sterile Litigiocrazia sotto la maschera democratica.

Da cosa deriva tutta questa altrettanto stupida e sterile manifestazione di antisocialità diffusa a livello mondiale? Possiamo accontentarci di risposte come: dalla cattiveria degli uomini, dall’obsolescenza delle istituzioni, dal fallimento dei Partiti, dalla predazione delle Banche, dall’egoismo degli azionisti delle multinazionali, dai servizi segreti deviati, dagli arroganti tecnocrati alla Macron (ora declassatosi a Micron), dagli alleati/avversari politici, dai compagnucci dei vari Bilderberg/Trilateral/Aspen ecc. diffusi a macchia d’olio, dai Conservatori, dai Rivoluzionari, dai Progressisti e dai Riformisti, dal fatto che le cose si ripetono sempre uguali, dal fatto che l’umanità non impara mai dalla storia?

Direi proprio di no. Non ci si può accontentare di queste giustificazioni che, pur essendo tutte dicibili e motivabili, in realtà scambiano gli effetti collaterali per la causa originaria dell’antisocialità montante e progressiva in cui viviamo.

Al 99%, però, sono le giustificazioni con cui si spegne il pensare sociale anche dei migliori tra noi. Spegniamo il pensare oggettivo, ma non il sentire soggettivo (ossia quello che ci è simpatico) e neppure il volere istintivo (quello per cui abbiamo un’inclinazione, per cui siamo portati).

Non si spiega oggettivamente in altro modo, ad esempio, la nostalgia di chi vuole riformare i partiti di sinistra, di destra o del centro quando il loro tempo è finito a già metà dell’800, perché in realtà aborti antidemocratici fin dalla nascita.

Già ai primi del ‘900 i pensatori indipendenti dalle ideologie parlavano del fallimento dei Partiti in quanto “non democratici”, ma portatori di interessi di classe ben precisi (Proprietari terrieri e Lavoratori; Monarchici e Repubblicani, Liberali e Social-democratici) e tra loro opposti. Conflitto di interessi che è peggiorato nel momento in cui si è passati alle “coalizioni” basate su specifici punti programmatici: pensando così di vincolare mediante “contratti” l’irrefrenabile volontà di “pigliare tutto” dei propri alleati.

E, sempre a fine ‘800 e ai primi del ‘900, ci si faceva la domanda se i Parlamenti democratici fossero davvero rappresentativi della volontà del Popolo e non piuttosto di quella dell’eletto e di chi lo sponsorizzava. Ci si chiedeva infatti in Francia, ad esempio, a chi avrebbe dato la sua fedeltà l’eletto - finanziato con 30.000 franchi da una Compagnia di Assicurazione, rispetto al suo stipendio di 3.000 franchi come parlamentare – di fronte ad un provvedimento penalizzante la Compagnia di Assicurazioni perché a vantaggio del Popolo.

E oggi? Rispetto al fatto che più voti equivalgono a più soldi per i Partiti ritenete che questo aiuti o penalizzi la tenuta democratica [ossia che si vuole portare vantaggio sociale a tutti e non solo alla propria parte] delle coalizioni piccole o grandi che siano? L’esempio ultimo della Germania dovrebbe insegnare qualcosa, se proprio non si vuole apprendere l’illuminante realtà che si può agevolmente trarre dai continui fallimenti di alleanze viste tra i Partiti italiani… per non perdere voti o per conquistare voti.

Basta leggere i vari giornali quotidiani, o andare sui social per scoprire anche in essi antisocialità a profusione, tanto che per capire l’attuale sistema in cui vive l’Umanità esso è solo caratterizzabile con l’aggettivo “antisociale”. Di fatto tutto ciò che viene descritto (benessere diffuso, internazionalizzazioni, monete uniche, religioni confessionali, scienze, tecnologie ecc.) come sociale, a ben guardare, è in realtà antisociale al massimo.

 


Il mondo occidentale ha vissuto fino ad ora depredando le risorse planetarie senza nessuna remora: mentendo sulle ragioni per farlo (il benessere dei propri concittadini, mentre era il benessere degli azionisti o del proprio orgoglio) e sulle conseguenze climatiche: che ora impongono all’esasperata antisocialità diffusa e recalcitrante una “socialità obtorto collo".

Ogni medaglia però ha due facce: l’Umanità può vivere fuori dal pianeta Terra? Già oltre una certa quota morirebbe perché dipende totalmente dalle dinamiche terrestri. È pensabile che questa dipendenza sia solo a senso unico? È pensabile che l’azione dell’uomo non causi una reazione nelle dinamiche planetarie?

No. Ovvero è pensabile e sostenibile se c’è una motivazione sottostante, occultata e cogente, conosciuta solo da chi comanda:

  1. economica: perdiamo soldi (altri più furbi continueranno al posto nostro) quindi dopo di noi il Diluvio
  2. politica: perdiamo voti (perdiamo il controllo delle masse) e perdiamo il potere così faticosamente raggiunto
  3. culturale: perdiamo la faccia (abbiamo sempre sostenuto il falso) quindi non possiamo ritrattare

Così, ad esempio sul cambiamento climatico, mentre il pensiero “oggettivo” dice basta, il sentire soggettivo e il volere istintivo dicono “ancora”: perciò è “normale” che mentano spudoratamente gli scienziati, i politici, gli economisti… aiutati in ciò dal culto dell’autorità ancora ìnsito nelle masse ingenue.

Perciò è “normale” l’antisocialità economica portata da Donald Trump; è “normale” l’antisocialità” culturale portata dalle religioni integraliste; è “normale” l’antisocialità politica portata da istituzioni “pacificatrici” come la NATO in realtà “coalizioni militari” mascherate o come la Democrazia imposta ossessivamente anche a chi non è in grado di gestirla e che, sotterraneamente, poi ne fa una “Democratura” come in Occidente o una “Dittocrazia” come in Oriente.

Come orientarsi? Di cosa deve cibarsi il pensiero sociale per esserlo davvero e non antisociale qual è? Sappiamo che l’acqua bolle a 100 gradi. Anche il pensiero sociale bolle a 100 gradi. Quindi il consiglio è quello di ricercare quell’1% di motivazione che ancora manca persino alla sociologia moderna. Perché è lì, proprio lì la causa originaria di tutte le manifestazioni (politiche, economiche e culturali) dell’antisocialità montante contro la quale altrimenti qualunque provvedimento economico, politico e culturale è sterile o addirittura ulteriormente dannoso.

Di questo 1%, della causa vera originaria dell’antisocialità tridimensionale del sistema attuale, ne abbiamo parlato dai più diversi punti di vista nei nostri libri: la sua malsana e infeconda "strutturazione unilaterale", monodimensionale, squilibrata a vantaggio esclusivo di una sola delle tre dimensioni sociali.

Come vedete questa è una questione oggettiva: può piacere o dispiacere soggettivamente che invece di un milione di cause (quel 99% di cui sopra) se ne trovi solo una specifica causa strutturale (1%), ma è questa la realtà culturale, politica ed economica sociale moderna da risanare e non i milioni di illusioni o di allucinazioni da risanare che ci vengono propinate quotidianamente dai media.

Non solo: si può essere istintivamente contrari o inclini alle più varie e belle e coraggiose e virtuose e mirate azioni da fare per risanare il sociale, ma questo non sposta di un micron l’oggettività della causa strutturale [la malsana e infeconda strutturazione unilaterale, monodimensionale, squilibrata a vantaggio esclusivo di una sola delle tre dimensioni sociali] che decreta invariabilmente il loro fallimento.

Se non si fa proprio questo pensiero “strutturale sociale”, il sistema non può essere riformato. E se lo si fa proprio? Uno pensa che si debba eliminare tutto ciò che non gli va bene e siamo a posto? NO. Così non si fa altro che essere vittime del proprio volere istintivo o del proprio sentire soggettivo.

Questo pensiero non è sano e fecondo, ma promuove ulteriormente l’antisocialità. Infatti quanti condividerebbero ciò che a te “non va bene?”. Troveresti  migliaia di “non va bene” assolutamente diversi dal tuo ventaglio di ipotesi.

Fecondo e sano è solo un pensiero strutturale sociale. Occorre chiedersi: chi ha stabilito che il sistema sociale debba privilegiare solo una dimensione sociale sulle altre due? Chi ha stabilito che oggi il Mercato (la dimensione sociale economica), ad esempio, debba essere per forza di cose superiore allo Stato (la dimensione sociale politica) o alla Scuola (la dimensione sociale culturale)?

Che io sappia questo risultato malsano e antisociale è dovuto all’inerzia di pensiero sociale concreto da almeno due secoli: non possiamo pensare in modo socialmente fecondo alle future generazioni perché anche le generazioni precedenti - di cui noi siamo “le future”  - non hanno pensato in modo sociale a noi.

Non vedi il futuro per te e i tuoi cari? Normale: non sai pensare la struttura del sociale attuale e quindi non vedi la luce in fondo al tunnel… così come almeno le 11 generazioni che ti hanno preceduto.

 


seme di mandorla

Esistono in concreto, invece, le condizioni per ristrutturare il sistema sociale. Meglio che un appartamento da mettere a norma (che sarebbe il modo unilaterale illusorio più piacevole ai Politici di pensare il sociale); meglio che a un’Impresa da risanare (che sarebbe il modo unilaterale allucinatorio più piacevole agli Economisti di pensare il sociale); meglio che a un test Invalsi da risolvere (che sarebbe il modo unilaterale dogmatico più piacevole ai Professori di pensare il sociale) si dovrebbe pensare concretamente il sistema attuale come un "seme" da cui deve nascere la nuova pianta.

Un seme se lo tieni nel sarcofago del Faraone rimane tale per migliaia di anni, mantiene la capacità di fruttificare. A condizione che sia sepolto nel terreno. Il sistema attuale monodimensionale malato e antisociale è tale perché ancora non ha prodotto il suo reale frutto: all’interno premono radici (economiche nuove), fusto-foglie (politiche nuove), fiori-frutti (culturali nuovi).

La struttura concreta del sistema sociale, feconda e sana, in realtà è tridimensionale come quella della pianta. Dalla monodimensione oppressiva del sistema sociale attuale, che premia solo una delle tre dimensioni sulle altre due, mutilandole dall’interno ogni qualvolta nasca un conflitto di potere e di competenze, deve nascere la tridimensione sociale nuova che mette tutte e tre le dimensioni sociali sullo stesso piano armonizzando gli eventuali conflitti “dall’esterno”.

Così che non esista più come adesso un Mercato squilibrato e onnipotente quale implacabile avversario oppressivo per lo Stato e la Scuola, bensì si dia vita a un fraterno Mercato che valorizzi lo Stato delle uguaglianze (con il suo welfare pubblico) e la Scuola libera (con la sua autonomia da Stato e Mercato).

È solo questa Società tridimensionale dei nuovi tempi che può dirsi davvero “sistema sociale”, qualsiasi altra cosa, purtroppo per tutti noi, è pura e sterile chiacchiera.

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