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Fra le pieghe dell'origine del nostro debito

La sovranità monetaria? È l’unica leva per poter assicurare il benessere


24/12/2018

di Mario Pinzi


Nel mondo l’industria crea sempre più ricchezza, nonostante il debito del pianeta aumenti vorticosamente e in gran parte l’umanità lavori più per pagare le tasse che per la propria vita. 
La recente crisi finanziaria, generata dai debiti contratti dalle banche, ci ha fatto tremare i polsi, e se da questo tsunami vogliamo cogliere l’occasione per migliorarci, occorre andare all’origine del problema. 
Dopo la caduta dell’Impero romano la Chiesa decise di dotarsi di una propria organizzazione economica e i Papi, avendo ricevuto dagli imperatori il permesso di battere moneta, organizzarono la zecca papale, che fu affidata al Cardinale Camerlengo, una sorta di ministro delle Finanze del Regno Pontificio. In quel periodo la coniazione veniva attestata dalle corporazioni degli orafi e argentieri e, oltre a Roma, furono create altre zecche a Bologna, Ravenna e Spoleto. Nelle monete coniate veniva impresso il motto “Bononia Docet”, e quello diventò l’inizio della monetizzazione dell’era moderna. Gli istituti bancari nacquero per una crisi di origine morale, che sfociò in un calo demografico che arrestò lo sviluppo economico. L’usura era praticata anche da categorie irreprensibili e creò delle sciagure umane tali che il Concilio di Lione del 1274 e quello decisivo di Vienna del 1311 condannarono senza appello la pratica dello strozzinaggio, minacciando di scomunica chiunque la autorizzasse. 
A differenza di quello che tutti pensano, gli Stati non sono i padroni del denaro che viene messo in circolazione, in quanto hanno delegato a crearlo pochi privati azionisti delle Banche centrali. Non sembra vero, ma questa è la verità. 
C’è stato un momento in cui alcuni ricchi banchieri hanno convinto il potere politico a cedere loro il diritto di fabbricare la moneta, per poi scontargliela con tanto di interessi. Purtroppo, da quel momento, il debito pubblico è esploso e i cittadini sono stati subissati di tasse. 
La prima fu la Federal Reserve, l’Istituto centrale americano, i cui azionisti sono alcune delle banche private più famose del mondo, quali la Rothschild di Londra, la Warburg Bank di Berlino, la Goldman Sachs di New York e poche altre. Questi istituti sono azionisti anche della Banca centrale europea. Insomma, il patrimonio finanziario del pianeta è nelle mani di pochissimi privati ai quali è stato conferito per legge di governare il mondo. In effetti la tassa del signoraggio, che viene applicata quando si stampa la moneta, è l’espressione massima della sudditanza dei popoli. 
Ogni impresa esistente sul pianeta ha una propria funzione sociale a favore della collettività, soprattutto se si tratta di un’azienda di credito. Se questo principio basilare viene disatteso, si crea il disastro che stiamo vivendo. 
La funzione primaria delle banche è quella di prestare denaro alle attività produttive affinché creino ricchezza per il Paese. Per farlo, limitando i rischi, dovrebbero possedere competenze dei settori produttivi che purtroppo non hanno. Consci della scarsa conoscenza, si limitano a privilegiare il finanziamento delle grandi imprese nella certezza che lo Stato, per non mettere sul lastrico migliaia di famiglie, subentrerà alla bancarotta garantendo loro i guadagni conseguiti. 
Questa, purtroppo, è una delle cause primarie della difficile ripresa economica del nostro Paese. 
Normalmente lo Stato spende soldi per affrontare gli aspetti della vita sociale e chiede alla Banca centrale, che è privata, di stampare la moneta necessaria, che poi restituirà con gli interessi attraverso le tasse. Questo sistema crea un debito pubblico infinito che, in pratica, non potrà mai estinguersi. 
Fino al 1944 le banconote stampate erano coperte dalle cosiddette “riserve auree”, quantità di oro che gli Stati depositavano a garanzia del loro debito, dando così un valore concreto al circolante esistente. Ma dopo la conferenza di Bretton Woods questa riserva non esiste più e il cittadino ha in mano della carta senza valore. 
Normalmente si pensa che la banca guadagni la differenza tra i titoli presi in garanzia e il denaro dato allo Stato. In realtà, le Banche centrali vendono allo Stato fogli stampati al valore nominale. Per essere più chiaro faccio un esempio: se lo Stato compra cento euro, non paga i pochi centesimi necessari per la stampa più un margine per la banca, ma paga cento euro più il tasso di sconto (ad esempio il 5%). E questa è la vera speculazione che esercita chi controlla le Banche centrali. 
La differenza tra il costo di produzione di una banconota, pochi centesimi, e il prezzo che si fanno pagare, nell’esempio fatto centocinque euro, si chiama tassa del signoraggio primario. 
Fino al 1944 le banconote circolanti erano effettivamente un debito della banca nei confronti dei portatori; infatti questi ultimi avrebbero potuto chiedere il pagamento in oro, ma da quel momento in poi, visto che le banconote non sono più garantite, la banca non ha più debiti. 
In realtà gli istituti, con un trucchetto contabile legalizzato, continuano a segnarlo al passivo, proprio per intascare la cifra e non versare nulla allo Stato. 
Se guardiamo una banconota, non c’è scritto “pagabile al portatore”, come invece c’era sulle monete in vigore prima del 1944. Questo significa che, se gli Stati approvassero una legge che imponesse alle banche di non segnare più al passivo il valore del denaro circolante stampato, calerebbe vertiginosamente la pressione fiscale nei confronti di imprese e cittadini, dando una boccata di ossigeno costante all’economia. 
In questo momento di crisi, prima che sia troppo tardi, è indispensabile che i Governi guardino con decisione e coscienza all’origine del debito pubblico. Per evitare il disastro occorre, quindi, che gli Stati si riapproprino del diritto di battere moneta, ridando così al popolo la sovranità che gli appartiene. 
Molti sono gli imprenditori che attendono questo momento: la vita è stata infatti donata per osare e realizzare grandi imprese. L’egoista pavido, che non sa gestire proficuamente il proprio tempo, danneggia la collettività e la sua esistenza passa senza che lui si accorga del suo trascorrere; mentre chi sa osare è un altruista che porta benessere all’umanità.
Una lunga premessa “economica” per far comprendere l'origine dei nostri guai, che sono sfociati nella disastro europe.
La nostra redazione riaprirà il 07 gennaio e auguro a tutti voi un Felice Natale e un Anno Nuovo colmo di bollicine.

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