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Fra le pieghe delle disuguaglianze di genere con Michela Murgia


11/04/2021

di Andrea di Furia

Vorrei segnalare l’ultimo libro di Michela Murgia STAI ZITTA e le altre nove frasi che non vogliamo sentire più perché divenga materia di studio, adeguata ai diversi gradi di istruzione, nei programmi scolastici dalle medie in su.
È uno di quei rari libri su cui vale la pena soffermare il proprio pensiero perché tratta, in un linguaggio essenziale e senza sbavature, il complesso tema della diseguaglianza di genere affrontando quelle tradizionali cristallizzazioni che ormai, come etichette verbali sclerotizzate, ostacolano la sua reale comprensione e risoluzione. Chapeaux all’incipit del risvolto introduttivo!


Michela Murgia: «Se si è donna, in Italia, si muore anche nel linguaggio. È una morte civile, ma non per questo fa meno male. È con le parole che ci fanno sparire dai luoghi pubblici, dalle professioni, da dibattiti e dalle notizie, ma di parole ingiuste si muore anche nella vita quotidiana, dove il pregiudizio che passa per il linguaggio uccide la nostra possibilità di essere se stesse. Per ogni dislivello di diritti che le donne subiscono a causa del maschilismo esiste un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica. (…) Questo libro è uno strumento che evidenzia il legame mortificante che esiste tra le ingiustizie che viviamo e le parole che sentiamo. Ha un’ambizione: che tra dieci anni una ragazza o un ragazzo, trovandolo su di una bancarella, possa pensare sorridendo che per fortuna queste frasi non le dice più nessuno».
Lascio alla lettrice e al lettore sia le evocative illustrazioni di Anarkikka, sia la coinvolgente esposizione di Murgia sul tema che mi offre l’occasione per riflettere sul binomio maschilismo-femminismo (segno di un’Umanità ancora concepita come astratta etichetta discorsiva) per coglierne l’origine da due punti di vista: quello della dimensione culturale e quello della struttura del sistema sociale attuale che tutto promuove tranne il dialogo e il rispetto dell'altro.
Dal punto di vista culturale dobbiamo parlare dell’onnipervasivo “Materialismo" che oggi impera su tutta la vita dell’occidente evoluto e si esprime “magicamente” nella sua avveniristica tecnologia. E proprio per l’evoluzione da un’Umanità religiosa dei primordi all’Umanità scientifica attuale è stato un sano approccio alla realtà sociale: tuttavia, ora che questo obiettivo sociale si è realizzato la concezione materialista del mondo si sta rivelando la sua palla al piede e fingendo di guardare al futuro distopizza il passato.
È evidente che lo sguardo materiale trova e registra solo le differenze corporee tra donna e uomo: differenze che dal punto di vista animico e spirituale non esistono. Ma allora? Come mai queste differenze corporee sono diventate anche differenze sociali tridimensionali: culturali, politiche ed economiche?
Ecco che ci aiuta a comprendere il secondo punto di vista, che chiama in causa la struttura a predominio unidimensionale del sistema sociale attuale.
Vale a dire che sempre una dimensione sociale ha storicamente prevalso sulle altre due, e ne ha determinato direttamente e indirettamente l’operato: più nel male che nel bene. Nel Medio-evo ha dominato la dimensione culturale religiosa sulle altre due, nel Risorgimento sulle altre due ha dominato la dimensione politica e, infine, nell’odierna Era della globalizzazione planetaria sulle altre due domina la dimensione economica.
Ogni predominio ha lasciato uno strascico sui dominî successivi, e così oggi ci troviamo di fronte al fatto innegabile di una donna ancor vista erroneamente, in ogni aspetto sociale, come un “uomo” di serie B.
Visualizziamo con un'immagine-sintesi la situazione per capirci meglio:
  1. il predominio culturale religioso della Chiesa nel Medio-evo è simile ad un bidone della “spazzatura sociale indifferenziata” che accatasta disordinatamente “rifiuti sociali tridimensionali”: culturali, politici ed economici;
  2. il predominio politico giuridico dello Stato nel Risorgimento è simile ad un bidone della “spazzatura sociale indifferenziata” che similmente accatasta disordinatamente “rifiuti sociali tridimensionali”: politici, economici e culturali;
  3. il predominio economico finanziario del Mercato odierno è simile ad un bidone della “spazzatura sociale indifferenziata” che nella stessa disordinata maniera accatasta “rifiuti sociali tridimensionali”: economici, culturali e politici;


Ora questa situazione malsana di semplici travasi da un bidone della spazzatura sociale indifferenziata all’altro (tipo curva sud allo stadio: perché il mio è migliore del tuo), spiega come mai ci troviamo ad affrontare il tema diseguaglianze di genere oppres-si, come osserva Murgia, da “un impianto verbale che lo sostiene e lo giustifica”, e anche perché si è dovuta configurare una competitiva opposizio-ne femminismo-maschilismo per far emergere il tema dalle tossiche  e indifferenziate profondità in cui giaceva relegato.
Il bidone della spazzatura indiffe-renziata che nel tempo prende la forma della Chiesa, dello Stato e del Mercato, ovvero la competitiva struttu-ra unidimensionale prevalente del si-stema sociale è la vera causa, pur-troppo inosservata, di ciò e anche degli altri problemi sociali irrisolti in cui siamo immersi fino alla gola. Problemi che osservavamo di sguincio: distratti dalla nostra routine quotidiana.
Se c’è qualcosa di positivo in questi giorni - che rammenteremo dopati dalla martellante comunicazione sul virus pianificata dai vari Governi che ha terrorizzato il Pianeta e dai colorati domiciliari sanitari - è stata l’interru-zione della solita routine in cui ci trovavamo ad arrancare, chi più chi meno, per garantirci una vita che in realtà con la frenesia dei suoi ritmi sempre più veloci mascherava un mero “sopravvivere”.
Routine che ci faceva vedere come “sociale” un sistema che ora ci appare, più realisticamente, come nettamente antisociale in moltissimi dei sui aspetti concreti.
Sistema reso “automatismo algoritmico” ed “etichetta lessicale” che bada più a se stesso (a giustificare il proprio esistere) piuttosto che mettersi tridimensionalmente al servizio delle singole Persone nella sua dimensione culturale, delle Comunità nella sua dimensione politica e del Territorio ambiente nella sua dimensione economica.
Vivere seguendo una serie di etichette verbali imposte da tradizioni ormai superate, e che ti orientano nei pensieri nei sentimenti e nelle azioni senza svegliare la tua autocoscienza come Persona, è uno dei mali più subdoli di questo mondo: a cui nella dimensione culturale dovrebbe rispondere in senso risanatore la Scuola, quale suo Istituto chiave.
Ma la Scuola italiana non ci riesce: è schiacciata dal peso paralizzante (e al tempo stesso record mondiale) di più di 151 riforme politiche della Scuola nei primi 150 anni di vita: in media una ogni 11,9 mesi!
Parliamo della Scuola come istituzione pubblica (sapendo che ci sono Maestri e Professori all’altezza del compito educativo atteso da loro) la cui azione è paralizzata dalle migliaia di veline escogitate dai vari Partiti al Governo e all’Opposizione, giocando entrambi sull’aggettivo “pubblica” per giustificare il loro indebito tutoraggio su questa Istituzione.
Assolutamente non dovuto e fuori posto: perché la dimensione politica non ha per oggetto la singola Persona, bensì la Comunità. E il suo obiettivo non è educare la Comunità (abbiamo visto la reale portata di questa malsana etichetta nei tre totalitarismi di inizio ‘900: il Comunismo in Russia, il Fascismo in Italia, il Nazismo in Germania) ma armonizzare in essa - nella Comunità locale-regionale-nazionale - i giusti rapporti tra essere umano ed essere umano senza discriminazione di sesso, età ecc...
Il suo verbo-obiettivo dimensionale sociale non è educare nel modo migliore possibile la singola Persona, ma far convivere correttamente gli appartenenti alla Comunità: farli vivere assieme nel modo più giusto possibile per tutti.
E se la dimensione culturale e quella politica non riescono? Invece di considerare la causa primaria sottostante (il sistema sociale a struttura unidimensionale competitiva e non ancora a struttura tridimensionale armonica, come oggi dovrebbe e potrebbe già essere) si è pensato di agire sostituendo il Mercato allo Stato nel tutoraggio indebito alla Scuola. Scelta intelligente sì, ma antisociale!
Infatti, il verbo-obiettivo della dimensione economica è soddisfare sul Territorio ambiente i bisogni del Consumatore, non educare lo Studente in quanto tale: così ne è scaturita la malsana colonizzazione di ogni ordine e grado della Scuola da parte del marketing della religione neoliberista oggi al potere.
Con ciò per la Scuola, dalla Rivoluzione francese ad oggi, si è compiuto un ciclo perfetto: ieri strappata dai Rivoluzionari dalle grinfie della Religione confessionale e posta nelle mani dell’Ideologia statale, oggi strappata dalle grinfie dell’Ideologia statale e posta nelle mani della Religione economica neoliberista.
Siamo passati da una religione all’altra! Dalle cui grinfie, ora dobbiamo strappare la Scuola noi contemporanei.
E non con il solito giochino delle tre tavolette sociali - con lo scambio tra i bidoni della spazzatura sociale indifferenziata - bensì con la modifica della struttura del sistema: da unidimensionale competitiva che fa la raccolta indifferenziata del sociale tridimensionale, a tridimensionale armonica che fa la raccolta differenziata del sociale culturale, politico ed economico sempre nei tre cassonetti, ma tenendoli separati e relativamente autonomi tutti e tre dal punto di vista della loro funzione specifica.
Fino ad ora è solo cambiato il tutoraggio della Scuola, che è rimbalzato dalla Chiesa allo Stato e dallo Stato al Mercato: tutoraggio comunque indebito e che ostacola il risanamento di tutte le presenti disuguaglianze antisociali, dunque anche quella di genere.


Oggi però, la Scuola e chi in essa opera è capace di gestire in autonomia se stessa e perciò deve e può essere liberata dall’ormai esaurita e tradizionale invasione di campo da parte di Chiesa-Stato-Mercato. Libertà che solo una struttura funzionalmente tridimensionale del sistema sociale può concederle: attribuendo alla Scuola tutto ciò che è culturale; allo Stato tutto ciò che è politico; al Mercato tutto ciò che è economico.
E una Scuola liberata e degna di questo nome è possibile solo se attiviamo consapevolmente questa tridimensionale struttura di sistema sociale che la concepisce come istituzionalmente capace di gestire in libera autonomia la propria specifica funzione educativa.
In un siffatto sistema sociale tridimensionale armonico e non più competitivo, la Scuola libera - finalmente sottratta ai condizionamenti dei tradizionali e obsoleti pregiudizi economici, politici e culturali risultanti dalla raccolta dell’indifferenziata sociale inosservata, che autogiustificano solo se stessi - può essere il concreto impulso iniziale che ancora ci manca al risanamento sociale di ognuna delle tre dimensioni del sistema.
In questa Scuola libera, supportata dalla struttura tridimensionale del sistema, coltivare una serie di pensieri degni di essere recepiti, introiettati e digeriti dai nostri giovani come quelli svolti da Murgia in STAI ZITTA può davvero, in 10 anni, portare alla sana risoluzione delle disuguagliane di genere.

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