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Il Gatto e la Volpe nel gioco delle parti in Italia

Come t’infarlocco il Pinocchietto moderno nel Paese di Acchiappacitrulli


28/10/2017

di Andrea di Furia

Dire che ci risiamo è dir poco. Ascoltavo in TV Lili Gruber chiedere inutilmente al Beppe Severgnini nazionale come spiegare la situazione attuale del Bel Paese ai colleghi esteri che la tampinano per avere lumi.

Il Beppe, che è sempre stato affascinato dal rapporto tra i libri e le persone, ha però perso l’assist magistrale di Lili per consigliar loro la lettura meditata del Pinocchio di Collodi. Perché lì avrebbero trovato la situazione dell’Italia spiegata per filo e per segno, nei luoghi e nei personaggi.

Intanto avrebbero apprezzato la metamorfosi di quella che durante l’inizio della parabola romana era chiamata “Terra di Saturno” nell’odierno Paese di Acchiappacitrulli. Qui è il regno dei furbi sugl'ingenui.

E proprio perché Pinocchio non ha dimostrato di essere furbo, facendosi infinocchiare dalla truffa finanziaria dell’albero degli zecchini d’oro, quando corre in Tribunale per denunciare il Gatto e la Volpe ecco venire esemplarmente condannato.

E forse, questa, è la lezione più realistica e meno leziosa sull'essenza della Giustizia. Evocantissima poi l’atmosfera giuridically correct che Collodi, profeticamente, lì ci fa respirare quale anteprima dei tempi attuali.

 


Collodi:Il giudice era uno scimmione della razza dei Gorilla: un vecchio scimmione rispettabile per la sua grave età, per la sua barba bianca e specialmente per i suoi occhiali d’oro, senza vetri, che era costretto a portare continuamente, a motivo d’una flussione d’occhi, che lo tormentava da parecchi anni. Pinocchio, alla presenza del giudice, raccontò per filo e per segno l’iniqua frode, di cui era stato vittima; dètte il nome, il cognome e i connotati dei malandrini, e finí chiedendo giustizia. Il giudice lo ascoltò con molta benignità; prese vivissima parte al racconto: s’intenerí, si commosse: e quando il burattino non ebbe piú nulla da dire, allungò la mano e sonò il campanello. A quella scampanellata comparvero subito due can mastini vestiti da giandarmi. Allora il giudice, accennando Pinocchio ai giandarmi, disse loro: — Quel povero diavolo è stato derubato di quattro monete d’oro: pigliatelo dunque, e mettetelo subito in prigione. —  Il burattino, sentendosi dare questa sentenza fra capo e collo, rimase di princisbecco e voleva protestare: ma i giandarmi, a scanso di perditempi inutili, gli tapparono la bocca e lo condussero in gattabuia. E lí v’ebbe a rimanere quattro mesi: quattro lunghissimi mesi: e vi sarebbe rimasto anche di piú se non si fosse dato un caso fortunatissimo. Perché bisogna sapere che il giovane Imperatore che regnava nella città di Acchiappa-citrulli, avendo riportato una bella vittoria contro i suoi nemici, ordinò grandi feste pubbliche, luminarie, fuochi artificiali, corse di barberi e di velocipedi, e in segno di maggiore esultanza, volle che fossero aperte anche le carceri e mandati fuori tutti i malandrini.
— Se escono di prigione gli altri, voglio uscire anch’io — disse Pinocchio al carceriere. — Voi no,rispose il carceriere — perché voi non siete del bel numero... — Domando scusa — replicò Pinocchio — sono un malandrino anch’io. In questo caso avete mille ragioni — disse il carceriere; e levandosi il berretto rispettosamente e salutandolo, gli aprí le porte della prigione e lo lasciò scappare.”.

Se ci fosse stata l’imbeccata del Beppe, ai suoi colleghi esteri giunti a questo punto della lettura ora Lili potrebbe dire: «Capire questo sviluppo dei fatti vi spiega perfettamente come funziona la dimensione Politica nel nostro Paese”.

E sempre per indicarne l’attualità ai colleghi esteri, nel Giudice Gorilla di Pinocchio troviamo prefigurata la logica della scelta sofferta di Piero Grasso, nella sua confessione-intervista a La Repubblica di venerdì 27 0ttobre.

Piero Grasso: «La verità, in questi giorni, mi è apparsa in tutta la sua evidenza, ormai non condivido più la linea di questo PD. Politicamente e umanamente la misura è colma. Io non mi riconosco più nel merito e nel metodo di questo PD. Assisto a comportamenti che imbarazzano le Istituzioni e ne minano la credibilità e l’indipendenza. Quando mi sono candidato nel PD [dicembre 2012] riconoscevo principi, valori e metodi condivisi, che si sono andati disperdendo nel corso degli anni [in appena 5 anni]. La mia è una scelta sofferta, ma è l’unica che possa certificare la distanza, umana e politica, da una deriva che non condivido. Per il futuro vedremo, non è oggi la giornata giusta per pensarci. Ovviamente la mia scelta non scalfisce in alcun modo la mia imparzialità nei futuri comportamenti da Presidente».

E voilà: proprio nelle ultime paroleOvviamente la mia scelta non scalfisce in alcun modo la mia imparzialità nei futuri comportamenti da Presidente” c’è tutta la commossa partecipazione logica del Giudice Gorilla alla disgrazia di Pinocchio: mi dissocio dal PD ma non dalla “poltrona istituzionale” in cui mi trovo grazie al PD.

 


D'altra parte, il contrario in Italia - va sottolineato ai cari giornalisti esteri, Lili – sarebbe stato una rivoluzione. Una clamorosa eccezione alla regola del “fauteil à porter” vita natural durante dei nostri Politici: alla regola dell’attaccarsi alla poltrona come una cozza allo scoglio.

Non manca neppure la classica “excusatio non petita, accusatio manifesta”: ovvero "chi si scusa si accusa". 
Piero Grasso: «In una decisione come la mia non contano certo le poltrone. E per me non sono mai contate». Appunto.

E tuttavia anche un’altra frase è particolarmente significativa da sottolineare:Assisto a comportamenti che imbarazzano le Istituzioni e ne minano la credibilità e l’indipendenza”, anche se rischia, di fronte alla realtà italiana, di essere un’involontaria freddura.

Sarebbe interessante sapere infatti quali Istituzioni italiane siano ancora credibili e indipendenti dopo 70 anni di colonialismo anglo-americano e dopo gli ultimi 20 anni di sudditanza da quella congrega di Lobbisti e Banchieri al potere che è la Commissione Europea.

Poco notato negli anni del boom economico e delle stragi in Italia, il colonialismo anglo-americano è diventato sempre più cogente negli ultimi 20 anni: Kosovo, Afghanistan, Iran, Ucraina, Libia, Russia. Mentre la sudditanza dalla UE ci ha portati a diventare colonia anche del Nord Europa.

E d’altra parte: come possiamo dirci indipendenti con un debito pubblico che ha messo nelle mani dei Banchieri le nostre prossime 7 generazioni? Non sentite le loro adunche mani stringersi al collo del nostro Ministro del Tesoro (e nonostante sia uno dei loro) ad ogni presentazione di bilancio?

Grasso inoltre parla di Istituzioni sotto attacco, al plurale. Una è certamente il Parlamento, violentato dall’opportunistico ricorso alla fiducia del Governo; ma non dimentichiamo l’affaire Bankitalia. E chi decide il nome del nostro Governatore, oggi retrocesso a funzionario periferico della BCE? Non certo i politici italiani, come la pronta riconferma di Ignazio Visco... riconferma.

 


E a chi si riferiva Grasso, nel PD, parlando di comportamenti imbarazzanti? Se avete dubbi chiedetelo a Collodi e vi risponderà: il Gatto! Ossia, cari colleghi esteri, il Matteo Renzi Segretario del PD. E dove c’è il Gatto può mancare la Volpe? Assolutamente no! Ed ecco il Paolo Gentiloni Presidente del Consiglio.

E qui dobbiamo ritornare alla nostra “location”, al Paese di Achiappacitrulli, altrimenti perdiamo la bussola politica italiana. Tra i Citrulliacchiappati che ivi abitano (tutti noi) ci sono anche quelli nel ruolo di commentatori. Commentatori furbi, dunque, che annusano furbizia anche dove non c’è, ma c’è dell’altro. Come vedremo.

Questi interpreti della politica italiana, nella riconferma del Governatore Visco vedono rifulgere quell’autonomia del Paolo dal Matteo che veniva data per inesistente. Gentiloni fino a un momento prima, per costoro, era il ventriloquo di Renzi, una Matriosca di Matteo, il suo Avatar al Governo.

E via con i peana al coraggio di un Gentiloni secessionista dal Renzi, con le pacche sulle spalle per il suo colpo di coda a fine legislatura. Ai loro occhi il Paolo non è più una gatta morta, ma è diventato una Volpe.

Ma, cari colleghi esteri, cosa ci dice la favola [ma è davvero solo una favola?] di Pinocchio? Che il Gatto e la Volpe agiscono in combutta: ognuno dei due deve fare la sua parte, deve conformare il proprio ruolo in modo adeguato alle circostanze.

Perciò il Gatto Matteo, anche a rischio di rimetterci lo zampino, attacca Bankitalia a mero fine elettorale; tanto ci pensa Paolo la Volpe a ridurre i danni internazionali tranquillizzando BCE e Mercati, di cui è l’attuale Avatar.

Quindi nessun separatismo catalano tra i due, semmai un abile gioco di squadra per restare a galla e non affondare in quel vortice antisociale strutturale che oggi caratterizza l’Unione Europea: l'attuale Federazione dei Paesi di Acchiappacitrulli, come direbbe Collodi se tornasse in vita.

Ma quanto si è detto sopra non vuol essere una sterile critica al Paolo e al Matteo, quanto l’ulteriore prova a carico del guasto strutturale “monodimensionale” del sistema sociale in cui viviamo: che costringe chiunque vada al potere alla doppiezza.

Perché non si può essere allo stesso tempo vessilliferi di Liberté e di Égalité, di Égalité e di Fraternité, né di Fraternité e di Liberté in un sistema sociale che non è strutturalmente tridimensionale ma che, come l’attuale, è invece strutturato a 1Dimensione sociale dominante (l’Economia) sulle altre due (Politica e Cultura).

Per non bruciarsi, come nel caso Visco-Bankitalia, occorre sempre che uno (la Volpe Paolo) tenga le parti della BCE e delle Istituzioni, mentre l’altro (il Gatto Matteo) tiene le parti del Popolo vittima dei mancati controlli a sua tutela da parte dell’Organismo di Controllo: la cui indipendenza è assolutamente tutta da costruire prima che da dimostrare.

Doppiezza della Politica [la rivedremo anche nel prossimo derby europeo Spagna-Catalognautile specialmente ora che la tirannia planetaria delle Banche si sta manifestando alla luce del sole quale intoccabile guida reale dell’Unione Europea.

 

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