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L'Europa dovrà decidere se vuole l'Italia nell'Unione

Dal vento di sfiducia che proviene da Bruxelles ci si può difendere solo con il coraggio delle proprie azioni


29/10/2018

di Mario Pinzi


Solo degli ingenui possono pensare di prestare il fianco all’Europa chiedendo l’uscita dall’euro. 
Questo governo gialloverde, in campagna elettorale, ha promesso una vera ribellione nei confronti dell’austerità imposta dalla Merkel, e proprio per questo motivo i burocrati della Ue lo stanno maltrattando. 
Pierre Moscovici ha affermato che riceveremo sanzioni economiche, e come reazione abbiamo il dovere di alzare la voce comunicando a Bruxelles che a breve riscuoteranno la nostra scomunica con forti sanzioni pecuniarie finalizzate a compensare le errate regole economiche che il nostro Paese ha dovuto subire. 
Di fatto il burocrate di origine ebraica, se non è completamente tonto, non può meravigliarsi della nostra reazione, perché da secoli siamo considerati gli esseri più creativi del mondo. 
Quando avranno esaminato la nostra legittima richiesta, con estrema cortesia, dovranno chiederci di lasciare l’Unione condonandoci i costi che hanno presentato a Londra. 
Questo governo, essendo nella ragione, dovrà rendere “pan per focaccia” con la stessa asprezza che hanno utilizzato nei suoi confronti. 
Finalmente è giunto il momento di metterli alla gogna e tornare al passato. 
Cari lettori, il distacco implicherà anche il ritorno alla vecchia Lira che, appesantita da un forte debito, avrà ugualmente la forza di formulare una vera rinascita pari a quella ottenuta dalla Fiat con la nuova 500 promossa da Marchionne. 
Quello che tutti noi dobbiamo chiederci è: per quale motivo Jean-Claude Juncker resta muto sulle regole europee non rispettate da Germania, Francia e Spagna, che sono nettamente peggiori di quelle disattese dall’Italia? 
E’ evidente che questo braccio di ferro non è legato al nostro piano economico, bensì ad una strategia finalizzata a distruggere l’Italia. 
I nostri guai nascono dalle regole sbagliate imposte dalla Ue, e il nervosismo di Pierre Moscovici sboccia dalla costatazione che il governo gialloverde sta facendo saltare il piano di devastazione programmato da tempo. 
Questa mia ipotesi è sancita dal grado di inquietudine europea che si è creata senza motivo sul nostro bilancio economico, perché già nel 2017 l’Europa aveva ipotizzato per l’Italia uno scarto pari al 1,8% del Pil, mentre in realtà lo scostamento è arrivato al 2,4%. 
In sostanza quello che il governo gialloverde ha chiesto è in linea con i risultati ottenuti da Gentiloni e non c’è bisogno di essere dei geni per comprendere che alla base dell’agitazione di Jean-Claude Juncker c’è qualcosa che puzza. 
Se si osserva la verità con occhi attenti diventa evidente che i burocrati di Bruxelles stanno lavorando per soddisfare gli interessi di altri e non dell’Europa. 
Salvini afferma che qualsiasi cosa accada il governo andrà avanti, e chi ha del buonsenso dovrebbe sentirsi sereno. 
Sergio Mattarella invita lo Stato alla responsabilità e afferma: “Bisogna rispettare l’equilibrio dei bilanci, il rischio è che a pagare siano i più deboli”. 
La sua affermazione stupisce, perché i deboli con i licenziamenti della nostra industria manifatturiera causati per colpa delle leggi europee e l’arrivo degli extracomunitari sono anni che stanno pagando un conto molto salato, che si aggraverebbe se il governo cedesse alle richieste della Ue. 
Paolo Savona, per affrontare la fine del Quantitative easing della Bce, aveva ipotizzato di passare il nostro debito estero nelle tasche delle famiglie italiane che possiedono 8000 miliardi, e questa proposta dovrà essere realizzata in fretta perché nel prossimo anno ci sono 400 miliardi che devono essere saldati o rinnovati. 
Dal vento di sfiducia che proviene dall’Unione ci si può difendere solo con il coraggio delle proprie idee, e siccome siamo immersi nella globalizzazione è giunto il momento di valutare con chi stare e come starci. 
Nell’equilibrio instabile dell’Europa ci conviene stipulare un’amicizia con i grandi del mondo e precisamente con Trump, Putin e la May. 
Il motivo della scelta è molto semplice: l’America è una piattaforma internazionale indispensabile per la nostra industria manifatturiera, la Russia possiede l’energia per far marciare gli impianti industriali e Londra è la capitale della finanza che serve per attivare la creatività. 
A differenza dell’Europa, queste sono Nazioni che ci rispettano, ma molti dei nostri politici fanno finta di non saperlo. 
Draghi afferma che l’Italia preoccupa alla pari della Brexit e dei dazi di Trump; e ha aggiunto che queste criticità stanno azzoppando la crescita dell’eurozona. 
Questa sua affermazione mi fa sorridere, e mi permetto di correggerlo: “Le criticità, come le chiama lui, non azzoppano la crescita dell’eurozona, ma quella della Germania”.
Cari lettori, non si può governare un Paese continuando a subire ricatti, e quando Paolo Savona afferma che se lo spread ci sfugge di mano, il governo non riesaminerà la manovra economica, ma il contesto nel quale si pone, ha perfettamente ragione, e tutti noi dovremmo appoggiarlo…   

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