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L'onnipotenza illusoria dell'Economia


06/12/2021

di Andrea di Furia

Nell’evoluzione della Società umana, è sempre presente (e lo è ancor oggi) l’illusione dell’onnipotenza di una dimensione o l’altra del sistema sociale. Alle origini era la dimensione Cultura a godere di questo credito illusorio. Cultura la cui base, allora la religione, rimandava all’onnipotenza della divinità locale la sopravvivenza e lo sviluppo della tribù, della stirpe e infine del popolo.

Poi, emancipatasi da questa, fu l’ora della Politica che rimandava all’onnipotenza dell’ideologia la sopravvivenza e lo sviluppo della Comunità giuridica statale. Infine, emancipatasi dalle altre due dimensioni sociali, è l’ora dell’Economia che rimanda all’onnipotenza dello sfruttamento planetario la sopravvivenza e lo sviluppo del Territorio-ambiente.

Tutte illusioni: il dogma collettivo, l’ideologia democratica, la crescita economica infinita in un Pianeta finito se da un lato hanno un potenziale discreto per lo sviluppo e la sopravvivenza umana, tuttavia non sono in grado di portarlo al livello necessario per ottenere risultati concreti e duraturi.

Il problema sta nel dna delle tre dimensioni sociali: ciascuna funziona bene per le proprie Élite e le proprie masse, però funziona malissimo per le Élite e le masse delle altre due dimensioni sociali.

La divisione castale tra Élite e masse è la medesima nelle tre dimensioni, ma non può funzionare al di fuori di ciascuna di esse se non attraverso la sopraffazione, il dolore e la miseria.

Due sono le ragioni di questa malsana situazione sociale:

  1. L’uomo attuale è una persona con spiccate tendenze all’individualismo autocosciente che mal sopporta la divisione tra Élite e massa. Può sopportarla solo se viene “persuaso” in due modi: o dall’esterno manipolato mediante la paura e l’oppressione, o da se stesso… per ambizione comodità o tornaconto personale
  2. La struttura del sistema sociale – a predominio unidimensionale squilibrato - ostacola con tutte le sue forze la sinergia tra le tre dimensioni, privilegia il conflitto per il predominio unilaterale tra le stesse, impedisce la loro feconda e sana collaborazione verso risultati condivisi ed è quanto di più disadatto a creare socialità tridimensionale tra individui singoli autocoscienti.

Qui, perché il problema umano è chiaro da almeno un millennio, vale la pena chiarire il problema strutturale. Vale a dire che la struttura unidimensionale del sistema è la più adatta per separare in dualità conflittuali ogni impulso sociale scaturente da ogni singola dimensione: o sulle masse predomina la Cultura con i suoi Sacerdoti, o la Politica con i suoi Politici, o l’Economia con i suoi Economisti.

Pensiamo a Ortodossi ed Eretici, che già confliggono follemente nella propria dimensione culturale, e chiediamoci se è possibile una loro collaborazione feconda con Politici o Economisti che non siano fedeli a un dogma condiviso. Basta osservare la storia: una collaborazione è impossibile.

Oppure pensiamo a Politici di destra o di sinistra, che già confliggono follemente nella propria dimensione politica, e chiediamoci se è possibile una loro collaborazione feconda con Religiosi/Laici o Economisti che non siano fedeli all’ideologia condivisa. Basta assistere a un telegiornale: una collaborazione è impossibile.

Infine pensiamo a Economisti keynesiani o neoliberisti, che già confliggono follemente nella propria dimensione economica, e chiediamoci se è possibile una loro collaborazione feconda con Politici o Economisti che non siano fedeli a un'utilità condivisa. Basta leggere un quotidiano: una collaborazione è impossibile.


Osserviamo ora un caso concreto: il lavoro. Prima lo dava la divina provvidenza, poi lo Stato e adesso il Mercato. Ogni volta c’era l’illusione di riuscirci, ma poi è intervenuta la ragione a dire che era meglio se ci pensava lo Stato. Anche qui c’era a inizio ‘900 e specialmente dopo la Seconda guerra mondiale l’illusione di riuscirci, ma poi è intervenuta la ragione a dire che era meglio se ci pensava il Mercato.

E ci riesce il Mercato? Ovviamente no. Le sue stesse leggi glielo impediscono, se non vogliamo limitarci alla sua caratteristica precipua: l’alea, il rischio imprevisto.

Già sappiamo che i lavoratori prodotti nell’epoca delle 7 vacche grasse, poi soffrono nell’epoca inevitabile delle 7 vacche magre. Pensiamo alle decine di migliaia de lavoratori della Fiat, la loro quasi scomparsa in epoca di austerity (anni ’70 del secolo scorso), la loro ulteriore riduzione a causa dell’automatizzazione dei reparti in epoca pre-Stellantis.

Se abbiamo afferrato che l’alea, il rischio improvviso, la crisi impedisce alla dimensione economia di provvedere al numero di posti di lavoro che servono… non dobbiamo meravigliarci che quest’alea possa ripresentarsi ancora.

Siamo nell’epoca in cui la devastazione ambientale causata dalle imprese malvagiamente dirette dall’idolatria neoliberista a depredare il Pianeta (perché hanno l’idea balzana di terraformare in tempo Marte e di importare derrate alimentari da Antares, o dalle nano-coltivazioni idroponiche sulla Luna) è costretta, obtorto collo e sputando moccoli in crescita continua verso Greta&company, a venire a patti con l’ambiente.

Si deve passare subito a eliminare il carbone e il petrolio, si deve passare alle macchine a trazione elettrica e/o rinnovabile. Uno sviluppo economico colossale, ci si dice, ma che ha un impatto notevole come riduzione dei posti di lavoro.

Lo dice la ricetta abbozzata da Carlo Tavares, AD di Stellantis, riguardo all’abbandono anzitempo dei motori tradizionali. Costi oltremisura e tagli occupazionali: 60.000 bruciati in Italia, 500.000 in Europa nella filiera powertrain.

Per l’Anfia significa, in meno di 15 anni, la perdita del 37% dei posti di lavoro nella componentistica perché 450 aziende almeno delle 2.220 attualmente in attività saranno scomparse, dato che servono il 30% di componenti in meno per fare un’auto elettrica. Nel motore, ad esempio, non c’è bisogno, oltre a cambio e pistoni, anche idi iniezione e raffreddamento.

E la solita balla dei Politici ignoranti, che la perdita di vecchie mansioni viene recuperata dalle nuove, qui non funziona perché i calcoli gli economisti li hanno già fatti: entro il 2040 ci saranno sì 226 mila nuovi posti di lavoro, ma 275 mila non li recupereremo più.

E i costi? Previsti dalle Imprese del 50% superiori agli attuali? Ovviamente saranno scaricati sul Consumatore che rompe i coglioni. E i costi dello Stato? saranno scaricati sul suddito come aumento delle tasse ecc. Con l’effetto nocebo al quadrato di ridurre il potere d’acquisto del denaro e scavare la fossa per la prossima crisi da superindebitamento pubblico.

Tutta questa imperfezione nell’ottenere risultati duraturi ed efficaci avviene perché ora si lascia alla dimensione Economia la soluzione del problema, mentre la Politica priva di idee segue il nuovo padrone lobbista e la Cultura privata delle proprie forze creative incespica disquisendo sul sesso della democrazia o sulla fattibilità (per miracolo divino) della crescita continua.

La soluzione è rendere tridimensionale il sistema sociale, ossia determinare per legge l’unica struttura capace di far collaborare in sinergia, rispetto ai risultati, le tre dimensioni sociali: struttura perciò tridimensionale equilibrata (diversa da quella squilibrata unidimensionale attuale) in cui le tre dimensioni collaborano creativamente al problema del lavoro, così come allo sviluppo e alla sopravvivenza umana.

La Cultura contribuisce al problema dal punto di vista umano (non politico, non economico), indirizzando la Politica a contribuire dal punto di vista giuridico e a moderando insieme il punto di vista troppo utilitaristico dell’Economia.

Invece di tre Arpie che lottano per il loro modello di sociale, avremmo tre buone Sorelle che si supportano in armonia.

La cosa interessante, l’effetto collaterale benigno questa volta, è che la tridimensionalità del sistema sociale (la Società calorica sinergica armonica) supporta l’individuo singolo tendente all’autocoscienza, contrasta la divisione tra Élite e masse, provvede a salvaguardare il Pianeta moderando le unilateralità predatorie dell’Economia.

E non è che ci voglia la divinità a provvedere a un cambio della struttura del sistema sociale. Basta una legge dello Stato.

La facessero i Parlamentari… invece di perdere tempo a fare insulsi e ridicoli stacchetti in TV, come le veline a Striscia la notizia.

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