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L'unica vera riforma sociale da fare: cambiare il sistema


14/12/2020

di Andrea di Furia

Nei suoi 74 anni di vita repubblicana l’Italia è una “case history” fantastica per capire cos’è il sistema sociale. Con questo termine non intendiamo lo slogan “è colpa del sistema” che viene sportivamente utilizzato (da chi non lo conosce) come foglia di fico per le proprie incapacità e inefficienze.

Intendiamo l’organismo sociale tridimensionale (economico, politico, culturale) la cui struttura unilaterale e squilibrata attuale, ignorata dai più, è il fattore primario dell’antisocialità montante.

Tre sono le dimensioni sociali, ma non c’è equilibrio di forze tra loro: una delle tre prende il predominio e sottomette le altre due, ne soffoca il respiro sociale, ne vampirizza le forze. Con ciò causando l’inutilità anche dei propri stessi sforzi sociali.

Ne risulta, come immagine-sintesi, che il sistema sociale è paragonabile ad una discarica indifferenziata a cielo aperto di rifiuti sociali culturali (razzismi), politici (burocrazia) ed economici (diseguaglianze sociali) che si accumulano di decennio in decennio e impestano la vita sociale delle generazioni future.

In questa malsana situazione si sta giocando da secoli l’evoluzione o l’involuzione della Società umana che, ignorandola, spreca le sue energie confondendo le priorità: come se un tizio allacciasse le scarpe prima di mettersele e poi si lamentasse di non riuscire a indossarle.

Nel sociale questo avviene sempre, sia che ci si impegni ad affrontare una singola problematica sociale sia che ci si indirizzi verso la strada maestra delle riforme. Pensiamo solo alle riforme della Scuola, di cui il nostro Paese detiene il record mondiale: 151 riforme della Scuola nei primi 150 anni dall’unità d’Italia.

Qui si vede in maniera palese che il processo è: c’è un problema, lo risolvo con una riforma, la riforma non funziona, provo con un’altra e così via all’infinito. Così via all’infinito perché non ci si ferma a riflettere sul motivo reale “primario” del fallimento delle riforme: la struttura del sistema sociale in cui si opera, che doveva essere modificata “prima” di fare la riforma (non gli uomini, non le Istituzioni, non la congiuntura, non l’emergenza che sono invece fattori secondari rispetto al sistema sociale malato che li condiziona e sottomette tutti).


Di cosa è malato il sistema sociale? Di unilateralità strutturale, di squilibrio dimensionale. Un sistema equilibrato prevede che le tre dimensioni sociali Cultura, Politica ed Economia siano reciprocamente autonome: siano “funzionalmente” discrezionali riguardo al loro interno oggetto specifico; siano autonome da condizionamenti dimensionali esterni!

Pensiamo all’Economia. La sua “funzione” è quella di provvedere ai bisogni che sorgono sul Territorio e come protagonisti ha Produttori, Distributori, Consumatori che dovrebbero operare autonomamente all’interno della loro comune Associazione e determianare “discrezionalmente” modi e misure per soddisfare i bisogni che via via emergono.

Dunque funzione dell'Economia estranea sia alla Cultura che è competente per educare le Persone (non di bisogni sul Territorio) e massimamente estranea alla Politica che è competente per la tutela e coesione della  Comunità nazionale (non di bisogni sul Territorio).

Se riflettiamo, l’intervento “prioritario” in questa area [che oggi viene amcora considerato normale e auspicabile nonostante la crescita incontrollabile del debito pubblico parli chiaro in proposito!]  dei protagonisti della dimensione Politica - ovvero di Legislatori, Giudici, Amministratori che sono orientati, come vedremo, da tutt’altra “funzione” - crea uno squilibrio malsano: introduce motivazioni che sono estranee alla dimensione economica e così favorisce corruzione, degrado, inquinamento sociale e, immancabilmente, giustifica anche svolte emergenziali autoritarie.

E chi permette questo intervento “prioritario” malsano della dimensione politica nella dimensione economica? La struttura monodimensionale malata del sistema sociale: che privilegia la Politica su Economia e Cultura, che privilegia lo Stato su Mercato e Scuola.

Come risultato si crea un’inarrestabile anti-economia dello spreco che aumenta di decennio in decennio. E a questo punto "cronicamente" ritorna voglia di affrontarlo, ma il processo non cambia: c’è lo spreco, lo risolvo con una riforma, la riforma non funziona, provo con un’altra e così via all’infinito.

Come esempio calzante rammentiamo il fallimento della Spending review di Carlo Cottarelli: 40 miliardi, quasi tutti usati per le coperture (ci informa Il sole 24 ore del 25 novembre 2019); meno del 5% delle attuali uscite complessive dello stato, pari a oltre 870 miliardi. È la dote garantita dai tagli di spesa nel periodo compreso tra il 2014 e il 2020, ma quasi tutte queste risorse sono state utilizzate per “coprire” altre misure di spesa o come concorso indiretto alla riduzione del deficit. Obiettivo risparmo: cannato in pieno!

Mentre uno (il Cottarelli della situazione) crede di lavorare al problema come se fosse in una bolla di vetro, il sistema malato non dorme e continua imperterrito a produrre sprechi antisociali: una vera frenata delle uscite non si è mai registrata. Lo stesso Cottarelli ha dichiarato: “Mentre cercavo di tagliare, passavano misure che aumentavano le uscite”. Come volevasi dimostrare!

Invece di interrogarsi sul perché di queste dinamiche incontrollabili - ovvero sull’esistenza di un sistema strutturalmente malato per il fatto che la Politica si intromette nell’Economia e nella Cultura, e quindi trovare il modo di uscire da questo loop che porterà nel futuro un altro simil-Cottarelli a ritentare inutilmente un’ennesima spending rewiew (e così via sterilmente all’infinito, come per le 151 riforme della Scuola) - il Cottarelli, interrogato se ne fosse valsa la pena, risponde: "Sì, rifarei tutto".

Siamo al patologico, purtroppo ancora inosservato. La stuttura unilaterale malsana del sistema infetta anche le persone: non solo vanificandone gli sforzi e impedendone i risultati concreti attesi, ma trasformandoli in sognatori illusi anche se hanno patente di Tecnico, come il Cottarelli, e si dichiarano pratici e non teorici.

Un attivismo amante delle cose inutili come in questo caso non è una eccezione, ma la regola. E’ un prodotto “d.o.c.” di questo sistema malato che in Italia vede la dimensione politica occuparsi di tutto... ma di tutto male: male di politica, male di economia, male di cultura.

Se abbiamo afferrato che le mille bolle in cui ancora oggi (ad esempio, le misure anti-Cov-Sars-2) si tenta astrattamente di risolvere i problemi sociali non hanno più la forza per imporsi ai guasti in essere del sistema (vedi sforzi inutili del pur volenteroso Cottarelli, vedi le 151 ipertrofiche riforme della Scuola) forse è il caso di rivolgere la nostra attenzione consapevole alla struttura malata del sistema sociale, che questi guasti quotidianamente produce e amplifica di default.

La vera riforma da fare “a priori” è quella del sistema in cui viviamo oggi: dobbiamo impegnarci a trasformarlo da squilibrato a equilibrato, da antisociale a sociale, da malato a sano.

Se sintetizziamo le migliaia di concetti su “cosa non va e non funziona” nell’immagine del sistema quale secolare “discarica indifferenziata” dei rifiuti politici, economici e culturali, questa immagine ci orienta sùbito verso ciò che c’è da fare: passare velocemente alla loro raccolta differenziata!

Qualsiasi altra soluzione ai mille problemi sociali dell'Italia (e del mondo!) è velleitaria, è un inutile esercizio di stile, è un'incaponirsi sterile e dannoso per le generazioni presenti e future.

Ecco cosa prevede la raccolta differenziata dei rifiuti sociali politici, economici, culturali:

  • Lo Stato (Legislatori, Giudici, Amministratori) deve raccogliere solo quanto è "in funzione" del sano svolgimento dei diritti e doveri nella Comunità nazionale e in tutte le sue sotto-declinazioni.
  • Il Mercato (Produttori, Distributori, Consumatori) deve raccogliere solo quanto è "in funzione" della sana circolazione di merci e servizi sul Territorio, nelle sue varie estensioni.
  • La Scuola (Insegnanti, Genitori, Studenti) deve raccogliere solo quanto è "in funzione" della sana educazione di talenti e qualità nelle singole Persone.

Questo sistema tridimensionale equilibrato e sano è la soluzione che l’Italia moderna attende da quasi 2 secoli per rivitalizzare un ormai esaurito potere culturale, per placare uno stizzoso e conflittuale potere politico, per moderare uno scatenato e invasivo (grazie ai potenti mezzi della tecnoscienza) potere economico.

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