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Normalità è follia

Quando il pensare "sociale" è uno scomodo optional


14/09/2017

di Andrea di Furia

Da tempo portiamo l’attenzione, di chi ancora desidera pensare, sul dato di fatto che il pensiero scientifico (che è ormai debordato in qualsiasi attività umana) non va bene per tutte le stagioni e i risultati negativi di ciò li vediamo quotidianamente. Fuor di metafora: è inadatto a operare nel sociale.

Le prove a disposizione sono milioni, se non fossimo distratti ad arte da chi si approfitta di 7,5 miliardi di analfabeti sociali di ritorno, moltissimi dei quali negherebbero con forza di riconoscersi tali.

Ultima prova generosamente messa a disposizione dalla realtà è l’alluvione di Livorno, con danni inizialmente stimati in 1 miliardo di euro (ca. 2.000 miliardi di vecchie lirette).

Chi pagherà questi danni? Tutti noi: con tasse sempre più pesanti, con la graduale riduzione/allontanamento nel tempo della pensione, con altre amenità.

Chi ha la responsabilità di questo disastro? L’avversario politico? Il Sindaco Filippo Nogarin e i suoi M5stelle? Magari fosse così!

La responsabilità è del pensiero scientifico in uso da chiunque ci governi: destra, sinistra, centro e pure chi ritiene se stesso ormai al di sopra di queste collocazioni geografico-parlamentari pensando di essere diverso.

Immaginate che al posto di Nogarin ci sia Berlusconi o Renzi o Alfano o Salvini (o il politico che più amate voi, o addirittura voi stesso) e che il pensiero scientifico del Governo centrale vi sta spiegando il suo incontestabile punto di vista: “Dobbiamo tagliare i fondi alle periferie”.

Il Sindaco (il vostro beniamino) ribatte: “Ma noi abbiamo bisogno di almeno 10 milioni di euro per mettere al riparo Livorno dal rischio idrogeologico.”

Il pensiero scientifico del Governo (forte delle sue scientifiche esigenze contabili) conclude: “Carta canta, e i numeri non sono opinioni. Sei un menagramo? Chi te lo dice che verrà un’alluvione? Posso solo concederti la metà, dato che per i tagli lineari dobbiamo ridurre i fondi del 50%. Che problema c’è? Quest’anno ridurrai del 50% il problema e l’anno prossimo completerai l’opera. Semplice, no: due più due fa quattro”.

Purtroppo il cambiamento climatico - accelerato dalla folle economia finanziaria delle mafie private che dietro il paravento delle Banche centrali dominano (antieconomicamente, antipoliticamente, anticulturalmente) il Pianeta - canta più forte della carta!


Ed ecco l’alluvione colpire Livorno... al 50%. Comunque devastante!

Risultato? L’opposto di quello che il furbissimo pensiero scientifico si proponeva: per risparmiare 5 milioni tocca poi chiederne in prestito 995.

Situazioni antisociali frequenti come questa, in cui l’obiettivo perseguito si rovescia (!), vengono vissute da noi come “normalità”. Ci si convive,  ma non ci si chiede più da cosa derivino "strutturalmente" - ossia "dal sistema" per come è strutturato: "a 1Dimensione sociale dominante le altre due" e non ancora a "3Dimensioni separate e autonome reciprocamente" - la loro disumana carica antisociale.

Non derivano certo esclusivamente dagli uomini!  Né (come si continua ottusamente e ossessivamente a credere) dai gruppi, né da motivazioni culturali, politiche o economiche: tutti fattori che non sono "struttura sociale", bensì sono "sostanza sociale". La stessa differenza che c'è tra il bicchiere (struttura) e l'acqua (sostanza) al suo interno. Quando il bicchiere è bucato (la struttura del sistema oggi "a 1D"), se perde... dai la colpa all'acqua (alle persone ecc.) o cambi bicchiere?

Purtroppo queste situazioni sempre più antisociali le si registra inevitabili come un fenomeno naturale "scientifico" senza nemmeno più saper distinguere ciò che è "naturale" come il sorgere del Sole (campo nel quale il pensiero scientifico può ancora andar bene) e ciò che è "sociale" come la precarietà, le migrazioni, la globalizzazione finanziaria malsana, l'accelerazione dell'automazione, l'aumento delle povertà ecc. (campo nel quale il pensiero scientifico è... più che deleterio).

Questa normalità, che ci rende analfabeti sociali di ritorno a inizio terzo millennio, è pura follia da un punto di vista sociale equilibrato e sano: al quale tutti aneliamo con le nostre sterili denunce… ma senza saperlo scrivere. E per di più, da almeno un secolo, con l’arrogante pretesa di saper leggere il sociale “scientificamente”!

Impossibilità invece riconosciuta da persone validissime, da Maestri, dopo anni di duro lavoro nel loro campo. Gli ultimi due esempi freschi di rubrica sono stati:
a) il sociologo Zygmunt Baumann, che a fine carriera in Paura liquida si toglie il classico sassolino e afferma che la Sociologia (ossia il pensiero scientifico applicato al sociale, di cui è stato indiscusso Maestro) non è in grado di andare oltre la denuncia delle cose che non vanno, e purtroppo non riesce a incidere in nulla nella realtà sociale;
b) il filosofo Umberto Galimberti, che nel saggio I miti del nostro tempo ci fa capire tantissime cose e ci rende coscienti del fatto che pure la Filosofia (ossia il pensiero scientifico applicato alla conoscenza) non esce dalla mera denuncia e dunque non incide sulla realtà sociale.

Entrambi di fatto sperano che ci sia “qualcuno in grado di pensare davvero la realtà”, qualcuno che possa trasformare questa denuncia in risanamento sociale, ma in realtà [leggete tra le righe il tono con cui entrambi scrivono] non ci credono veramente e temono l’inevitabile disastro in arrivo sul primo binario.

Il perché è lampante: non solo i 7,5 miliardi di analfabeti sociali cui si rivolgono non sanno più pensare, pur credendo erroneamente di saperlo fare; ma anche se riuscissero a pensare davvero il pensiero scientifico (qualcuno c’è, le solite eccezioni tra cui i due scienziati sopra nominati) utilizzerebbero tuttavia un tipo di pensiero che non è capace e non ha le forze sufficienti e necessarie a risanare il sistema.

Pensiero che, va riconosciuto da tutti, non è più adatto a leggere e scrivere il sociale moderno.

 


Per riuscirci, questo pensiero dovrebbe essere potenziato: dovrebbe andare oltre se stesso (cosa di cui il pensatore scientifico ha terrore), dovrebbe uscire dalla confort zone della Scienza in cui si è pigramente adagiato nell’ultimo secolo e raggiungere il livello dell’Arte.

In pratica, considerando il sociale, al concetto astratto (=morto) - che, va riconosciuto, lo caratterizza come una delle ultime conquiste dell’Umanità in evoluzione - il pensiero scientifico dovrebbe aggiungere l’immagine (=vivente) e, salendo evolutivamente di livello, diventerebbe così pensiero scientifico-artistico.

È la stessa differenza che passa tra pensare e avere un sistema sociale di bassa qualità (il nostro obsoleto attuale strutturato "a 1D") e averne uno di qualità alta (il sistema oggi necessario: strutturato "a 3D"). Non la Scienza (che solo spiega e fa capire) ma l’Arte (che invece modella e struttura) può dominare il sociale moderno malato e risanarlo!

Pensate adesso a quanti chilometri di carta stampata, a quante ore di ascolto dei vari talk-show, saremo condannati per spiegare scientificamente che non si poteva prevedere il disastro e che perciò non ci saranno responsabilità dopo gli atti dovuti delle Procure. Avevamo già visto con Galimberti da cosa nasce questa violenza per abuso di "irresponsabilità procedurale".

Bugia (non era possibile prevedere) peraltro smentita dalle mappe di rischio geologico che avevano ben individuato quelle criticità idrogeologiche che poi hanno, a Livorno, provocato il disastro causato indirettamente dai tagli del Governo.

Pensate dunque a quanto impegno profuso sui media per “farci capire”… che si risolve soltanto in una perdita di tempo e nel mantenimento dello statu quo, invece di procedere alla “concreta” modifica “strutturale” di un sistema sociale totalmente soggiogato da un’onnivora dimensione sociale (oggi l’Economia) dominante le altre due (Politica e Cultura).

Modifica “concreta” che ci porta nella Società tridimensionale dei nuovi tempi: in cui le tre dimensioni sociali vengono finalmente separate, dopo 7 millenni (!), e rese reciprocamente autonome: concetto “vivente”, socialmente vivente, cui non può arrivare il bolso pensiero scientifico che, riconosciamolo una buona volta, è “morto”: è capace di leggere e scrivere solo l'inerte... e di ipotizzare a casaccio il resto.

E adesso, a fronte di tutto questo bulimico e gassoso can can mediatico-scientifico per continuare “a spiegare e a non fare” cui assisteremo impotenti, provate a riflettere sulla concretezza lapidaria di un’artista, una poetessa capace di elevarsi al pensiero scientifico-artistico: l’unico, va ribadito, in grado di gestire il caotizzante sociale moderno.

Alda Merini: «Io vorrei essere aiutata, ma non a capire. Perché ho capito fin troppo».

Parole sante! Socialmente sante: "strutturalmente" sante!

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