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Un segreto di Pulcinella che non si vuole svelare

Ci siamo mai domandati perché subiamo impotenti il sistema sociale attuale?


29/04/2019

di Andrea di Furia

Ritengo che più volte nella propria vita ci siamo trovati tutti in una posizione di contrasto con il sistema sociale in cui viviamo. Certo, non siamo né terroristi né fanatici culturali né manipolatori politici né predatori economici. Diciamo che siamo persone normali che diverse volte nella vita si trovano nella situazione: Io contro il sistema. Perché? Perché siamo stufi di subirlo impotenti.

Chi non ha mai pensato di volere e saper come fare a modificare il sistema… scagli la prima pietra.

Questo è, di solito, l’orientamento di chi si definisce un “pratico” e questo è il suo primo approccio al sistema sociale: la sua prima prova di forza. Pensiamo al mitico ’68 o alle primavere arabe o ai Partiti politici. Oppure ancora, se vi piace personificare il tema, pensate a Donald Trump (per il quale ciò che segue è una profezia che si autorealizzerà tra pochi mesi/anni). Tuttavia la realtà dei fatti dimostra, dopo disastri sempre più pervasivi, che è una posizione velleitaria. Il “pratico” non ha la forza di incidere nel sociale, anche se, su scala microscopica, può dire di aver affrontato con successo qualche particola irricordabile e impercettibile di un minuscolo problema sociale affrontato.

Provate anche voi. Per quanto mi riguarda mi sono sempre sforzato, in 40 anni di studi sul sistema sociale, di verificare se esiste un qualche “pratico” che abbia risolto anche 1 dei problemi sociali che attanagliano l’umanità e la risposta è sempre la stessa: nessun pratico ha mai risolto nulla nel sistema sociale moderno.

Il perché questo accade ci è immediatamente evidente negli altri, difficilissimo vederlo in noi stessi. A riprova, questa frase deve apparirvi forse un poco criptica.

La spiegheremo a breve, perché lo stesso accade quando – ancor più stufi di essere impotenti di fronte al sistema attuale – riusciamo a vedere una luce in fondo al tunnel della depressione sociale e ci apriamo ad un secondo approccio al sistema sociale.

Tutti, infatti, attraversata questa fase e sperimentato di persona personalmente l’insuccesso si trovano davanti ad un muro invalicabile. Ogni muro, tuttavia, ha una porta. E allora ecco passare dalla opposizione Io contro il sistema all’assimilazione del sistema all’interno di noi.

E’ questa la posizione del “teorico”. Un teorico è quasi sempre un “pratico” che ha sperimentato la propria impotenza. Ci sono teorici religiosi e scientifici, politici ed economici. Introducendo in sé il mondo si sentono capaci di comprenderlo e dominarlo.

I teorici sono ideologi utopisti: di solito rammentiamo i peggiori – ne elenco qualcuno lontano nel tempo non per fare una classifica del peggiore tra loro, solo per esemplificare - come Nerone, Mussolini, Stalin, Hitler, Pol Pot senza pensare che ogni teorico (in millesima, milionesima, miliardesima parte) è esattamente come loro.

Se il “pratico” - che ognuno di noi è stato o ancora continua ad essere - vive nell’illusione di poter modificare con iniziative mirate il sistema sociale, il “teorico” - che ognuno di noi è stato o continua ad essere - vive nell'allucinazione. Allucinazione che grazie alla realtà dei fatti ognuno di noi è in grado di cogliere ad esempio su Hitler, ma che non è capace di vedere in se stesso.

Dunque anche la posizione di “teorico” è velleitaria, ma ci vogliono anni di osservazione su di sé e sul sistema sociale per accorgersene. Poi ci vogliono anni di duro lavoro su di sé per accettarlo.

Per accettarlo riguardo a sé! Perché è facilissimo affermare degli altri che il modo con cui affrontano praticamente o teoricamente la realtà sociale economica-politica-culturale è solo velleitario e non incide minimamente sulla realtà. L’ultimo che ha avuto il coraggio di arrivare a questo punto (parlando di sé e della Sociologia) è stato Zygmunt Bauman, quasi alla fine della sua lunga vita, nel suo saggio Paura liquida.

Qui (facciamo una parentesi) tutto il giovanilismo che attanaglia ultimamente l’umanità (uomini e donne) viene a cadere, per quanto riguarda l’intero sistema sociale. Un giovane non ha ancora avuto il tempo di accorgersi della sua velleitarietà: pensiamo a Tony Blair, a Obama o a Manuel Macron. Ma gli esempi si sprecano.

Dunque sia il “pratico” sia il “teorico” - che vedono benissimo la pagliuzza nell’occhio dell’altro, ma non il rametto con foglie, fiori e nidi con uccellini nel proprio – sono velleitari: pensano di avere la chiave del sistema sociale, ma la realtà li ha sbeffeggiati crudelmente negli ultimi due secoli.

Pensano! Ecco questo è il problema. Come pensano? Vi siete mai chiesti in che modo pensiamo tutti il sistema sociale? Con che tipo di pensiero? Probabilmente no. Questo spiega quell’impotenza di cui tutti ci lamentiamo, quel subire impotenti il sociale che tanto ci deprime o suscita indignazione e rabbia.

La chiave è proprio il tipo di pensiero che usiamo per comprendere il sociale. E’ un pensiero impotente riguardo al sistema sociale: un poco come un Innuit che volesse mettersi in bocca, per mangiarlo in un sol boccone, il tricheco da una tonnellata e mezzo che ha appena catturato.


Che tipo di pensiero avevano, ad esempio gli Egiziani all’epoca dei Faraoni? Il loro sistema sociale, una teocrazia, era nato da un pensiero religioso. Un pensiero potentissimo quello religioso, visto che esistono tuttora teocrazie nel mondo come l’Arabia Saudita o come lo Stato del Vaticano.

Che tipo di pensiero avevano i Greci e i Romani 2.000 anni fa? Il loro sistema sociale, la Polis greca o la Res publica romana, sono nate da un pensiero artistico: dall’arte della Politica. Un pensiero potentissimo, quello artistico applicato al sistema sociale, che sopravvive ancor oggi nell’imitazione maldestra delle moderne repubbliche. Imitazione maldestra proprio grazie al tipo di pensiero che utilizziamo noi oggi per applicarlo al sistema sociale.

Applichiamo noi adesso il pensiero religioso? No. Applichiamo forse il pensiero artistico? No. Oggi noi applichiamo il pensiero scientifico al sistema sociale. E qui sta il problema, perché il pensiero scientifico applicato al sociale non solo non ha le forze per affrontarlo [è come un neonato che volesse sollevare un lottatore di Sumo professionista], ma non parla neppure lontanamente il linguaggio della realtà sociale [è come l’Innuit di prima che si trova catapultato nel centro di Roma e, senza conoscere nessun’altra lingua oltre la sua, chiede come fa a ritornarsene sul suo iceberg].

Il pensiero scientifico, ad esempio, è abituato ad escludere l’uomo nell’osservazione della realtà che lo circonda: ad esempio negli esperimenti con cui legge la realtà naturale. Tuttavia il sistema sociale (la realtà sociale) da chi è fatto? Proprio dagli uomini che il pensiero scientifico, per esser scientifico, esclude da sé.

Quando infatti teorizza, ad esempio, un sistema sociale - all’interno del quale gli uomini ci sono eccome - entra nell’astrazione illusoria o allucinatoria più malefica: basta pensare allo Stato etico di Heghel [in cui è l'istituzione statale il fine ultimo a cui devono tendere le azioni dei singoli individui, nonché la realizzazione concreta del bene universale] la cui concretizzazione, dal punto di vista del sistema sociale, la ritroviamo in tre interpretazioni solo qualitativamente differenti: nel Comunismo (interpretazione economica), nel Fascismo (interpretazione politica) e nel Nazismo (interpretazione culturale) di inizio ‘900.

E anche quando affronta praticamente il sistema sociale crea mostri come l’attuale sistema antieconomico distruttore del Territorio planetario, come l’attuale sistema antipolitico oppressore delle Comunità amministrate, come l’attuale sistema anticulturale manipolatore delle singole Persone.

Non solo. Il pensiero scientifico è fantastico quando affronta le macchine. Tuttavia il sistema sociale non è un meccanismo morto, è un organismo vivente: più assimilabile alla pianta che alla macchina. Pertanto: il pensiero scientifico non parla la stessa lingua della realtà sociale! Non può capirla. E così è impotente ad affrontarla!

Sappiamo tutti queste cose, ma ci è più facile osservarle negli altri piuttosto che in noi stessi. Soprattutto siamo spaventati quando ci rendiamo conto che il pensiero che utilizziamo è impotente a modificare la realtà che vorremmo così fortemente modificare. Ma se non arriviamo a questo muro non possiamo progredire noi e non possiamo fare evolvere il sistema sociale.

L’impotenza del pensiero scientifico applicato al sociale è un segreto di Pulcinella, in realtà, che nessuno ha piacere di scoprire e magari, se lo scopre, preferisce occultare, rimuovere e dimenticarsene. La realtà del sistema sociale però, con le sue contraddizioni e le sue difficoltà crescenti, chiede a gran voce di superare questa inefficienza del pensiero scientifico. Chiede di far evolvere il pensiero scientifico a pensiero scientifico-artistico.
Come quello di Goethe, ad esempio.

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