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Una vita in… maschera: come è cambiato il nostro quotidiano con l’avvento del Covid

Dalla paura del contagio alle chiusure indiscriminate, dallo smart working ai furbetti della porta accanto, dall’arroganza dei no vax ai troppi decessi


12/04/2021

di MAURO CASTELLI

Se facciamo scorrere la sequenza delle promesse politiche, che bugiardamente si rincorrono ormai da quindici mesi, da questo inferno pandemico ne saremmo già dovuti uscire almeno cinque o sei volte. Poi, per colpa di previsioni e decisioni farlocche, di esperti di settore che se la cantano e se la suonano sparando cavolate a gogò per guadagnarsi visibilità - ma mettiamoci pure la stupidità di molti italiani, convinti di essere virus-resistenti - siamo sempre punto e capo. Con risultati, nel migliore dei casi, da far venire la pelle d’oca. 
Di fatto, superata la soglia della sopportazione che ha portato in piazza diverse categorie, ci siamo anche resi conto che la nostra nuova vita in… maschera ci ha stravolto le abitudini. Pressati dal rischio dell’ignoto, del contagio, della paura di essere privati delle nostre libertà faticosamente conquistate. Sacrosante, ci mancherebbe, ma sino a un certo punto. Perché libertà non significa fare quello che si vuole. Ad esempio, se mi voglio proprio far del male, nessuno mi può vietare di sbattere la testa contro un muro, ma nel momento in cui mi viene il ghiribizzo di fare altrettanto con quella del mio vicino, beh, questa non è più libertà ma sopruso. In altre parole la società cui ci eravamo abituati dovremo scordarcela, anche se speriamo di sbagliarci. 
In effetti non siamo messi bene. Anzi, siamo messi davvero male. Con i portafogli che piangono sempre di più, la disoccupazione che galoppa, le saracinesche che si chiudono in continuazione per non riaprire più, le scuole che giocoforza non riescono più ad assolvere il loro compito, la boccata d’aria che ci manca assieme al crescere della voglia di socializzare (quante volte, ultimamente, l’avete sentita questa sviolinata?). In altre parole il desiderio di trasgredire si fa sempre più pressante. 
Alle prese, come peraltro siamo, con la paura del contagio, che vede una corsa senza regole alle vaccinazioni (con i soliti furbetti a darsi da fare per scavalcare le fila, per infilarsi di straforo in quella di chi ne ha realmente bisogno); soggiogati dall’ormai consolidato lavoro a domicilio (che all’inizio andava bene a tutti, ma adesso comincia a scricchiolare e a creare problemi per molti); inchiodati da contagi e numero di vittime da brividi; pressati da una sostenuta sfilza di dolorose decisioni (necessarie, anche se non tutte di facile digeribilità) che finiscono per mettere a confronto sanità e sicurezza, immunità e impunità, restrizioni e possibilità di scelta. Fermo restando che - anche se è doloroso doverlo ammettere - non ci sono alternative ai protocolli, alle restrizioni e soprattutto ai vaccini. 
Insomma, è dura doversela vedere con un’emergenza infinita che finisce per scontrarsi con la perdita delle libertà individuali. Mentre la banda dei no-vax, che inopinatamente protesta millantando chissà quali immunità, rischia di alimentare il numero dei contagiati. Finendo per pesare ulteriormente sulla sostenibilità delle strutture ospedaliere. 
Non bastasse c’è anche qualche mente eccelsa che si dà un gran da fare in una improbabile caccia alle streghe, arrivando persino ad accusare questo o quello per scopi o motivi personali. Così come un’altra falange di testine (ma si tratta di un eufemismo alla milanese) ne approfitta per trarne profitto, potere o consenso. 
Ma quel che è peggio è che ci troviamo alle prese non tanto con un “paniere” allargato di responsabilità (che in ogni caso non vanno sottaciute), quanto con una situazione con poche vie d’uscita, se non la vaccinazione di massa, che dopo aver viaggiato a rilento (e non sempre per colpa delle varie amministrazioni) sembra aver imboccato la strada giusta. Anche se dobbiamo confrontarci con un quasi venti per cento di addetti alla sanità restii a immunizzarsi, e quindi portatori di un rischio concreto di focolai (è purtroppo già successo) negli ospedali e nelle Rsa. 
Lungimiranza ha voluto che il Governo abbia pensato bene (ma vedrete quanti ricorsi si dovranno affrontare puntando sull’incostituzionalità del provvedimento) di decidere di spostarli, di demansionarli oppure di congelare i loro stipendi sino alla fine dell’anno. Servirà davvero? Di fronte alla stupidità umana, purtroppo, la certezza non esiste.

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