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Adriano Olivetti e le odierne prèfiche

Non l’hanno ascoltato allora, non lo ascoltano adesso. E si lamentano


22/07/2018

di Andrea di Furia

Nell’antica Roma le prèfiche erano donne che venivano pagate per far parte di cortei funebri e intonare canti di elogio del defunto, accompagnati da grida di dolore, pianti, gesti di disperazione. Leggendo i giornali sembra si siano reincarnate nei commentatori politici che quotidianamente seguono il funerale della democrazia moderna alzando alti lamenti: come questo La notte delle élite e l’alba populista su Il Sole 24 ore del 20 luglio scorso.

Carlo Carboni: «La formazione del governo populista scandisce il tramonto della democrazia dei partiti, collettori di credenze e di larghi interessi sociali e civili. (…) Sul declino dell’egemonia dei partiti sappiamo: la sua decadenza accompagnata dall’eclissi delle grandi credenze e motivazioni d’appartenenza ideologica; la sua metamorfosi post-ideologica, mediatica, personalizzata, finanziarizzata a cui non ha resistito».

Che i partiti non fossero portatori sani di democrazia, ma fossero a rischio finanziarizzazione lo si era già capito più di cent’anni fa quando in Francia ci si domandava a chi sarebbe andata la fedeltà di un deputato che incassava 1.000 franchi dallo Stato e 3.000 franchi da una società assicurativa.

Se vogliamo restare a casa nostra, allora basta leggersi il parere in merito di Adriano Olivetti nel suo L’Ordine politico delle Comunità dove tutti i mali, le inefficienze e le deviazioni di cui oggi ci lamentiamo sono meticolosamente elencati.

Compreso il rischio di un grave deficit di élite competenti al governo della cosa pubblica, a tutti i livelli, se si fosse continuato a suddividere e amministrare il sistema per ambiti geografici statici (Comuni, Provincie, Regioni e Stato) e non per raggruppamenti umani dinamici: le Comunità residenti in quegli stessi ambiti. Sentiamo allora una delle più forti lamentazioni odierne.

 


Carlo Carboni: «Fuori dai giochi, dai loro takle quotidiani, che dire delle élite politiche italiane vecchie e nuove? (…) La democrazia dei partiti ha sfornato un’élite politica che è apparsa ai cittadini incapace di garantire crescita e protezione dalle turbolenze del mercato, sempre più autoreferenziale, senza visione per migliorare, senza coraggio di cambiare, mentre negli ultimi trent’anni tutt’intorno è cambiato. È apparsa distante, svuotata di contenuti progressivi, inadatta a brillare di luce propria se non attraverso il capo, smontata dall’astensionismo, sbaragliata dai populismi».

Snobbato allora (nel 1945) dai Padri affondatori della Patria, inascoltato e ancora ignorato oggi nonostante l’avverarsi di tutte le sue previsioni perché aderenti alla realtà sociale, Olivetti in quel testo aveva indicato anche le relative soluzioni: in questo particolare caso l’istituzione dell’Istituto Politico – assolutamente indipendente dai partiti che per Olivetti non avevano la forza di sfornare nulla, se non disastri – in cui le future élite del Paese si sarebbero dovute formare per poi sostituire quelle ruspanti e spontanee del dopoguerra.

A 72 anni da allora, siamo ancora obbligati ad essere governati dalle élite spontanee e ruspanti: allora nascevano ideologicamente dallo scontro fratricida delle sinistre e delle destre, adesso nascono dallo scontro utilitarista tra i poteri economici. Perché?

Perché fino a trent’anni fa il sistema italiano, strutturalmente, si classificava come una Società liquida a traino esclusivo politico, mentre da trent’anni come ben nota Carboni (ma senza minimamente sospettare questa qualitativa differenza strutturale sistemica) siamo nella Società gassosa a traino esclusivo economico.

Società gassosa caratterizzata dal fatto che ha superato, che va oltre le destre e le sinistre ideologiche; dal fatto che le Lobby si sono sostituite ai Partiti al vertice del sistema; dal fatto che il Mercato ha soppiantato lo Stato. Come si riflette questo stato di fatto sistemico sul mondo democratico? Stravolgendolo!

Adesso si presentano Partiti senza territorio (il Movomento5Stelle, che lo ha virtuale) e Territori senza partititi (la Lega lo ha ben dimostrato nelle ultime elezioni); adesso si affermano i populismi.

Ma cosa sono i populismi? Nella Società gassosa economica attuale sono l’alter ego dei nazionalismi della Società liquida politica precedente. Sono la reazione alla plutocrazia bancaria dominante destinata a diventare ancor più pervasiva e antisociale se si continua a sognare volendo resuscitare zombi-partiti di destra, centro e sinistra per curare la malattia sociale populista: che dipende unicamente dallo squilibrio strutturale del sistema.

Curiamo dunque lo squilibrio del sistema impedendo che una delle tre dimensioni sociali domini le altre due.  Curiamolo abbandonando sul nascere questa Società gassosa monodimensionale squilibrata e antisociale che fa del Mercato il contenitore unico di ogni e qualsiasi iniziativa culturale, politica ed economica.

È ora il momento di passare consapevolmente alla Società tridimensionale dei tempi nuovi: il sistema sociale equilibrato in cui nessuna delle tre dimensioni sociali (Economia, Politica e Cultura) ha il potere di immischiarsi indebitamente, corruttivamente, degenerativamente nel campo specifico di competenza autonoma e discrezionale delle altre due.

Lamentarsi non serve a nulla, serve comprendere la strutturazione malsana del sistema per renderla consapevolmente e sanamente tridimensionale.

 

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