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Con Unione bancaria e Mes si sta completando il piano coloniale tedesco?

Le nuove riforme discusse a Bruxelles salverebbero la Deutsche Bank, rafforzerebbero la Troika e potrebbero annientare il Sud Europa


25/11/2019

di Damiano Pignalosa


Anche il fumatore più incallito capirebbe che, in caso di bronchite, forse sarebbe meglio ridurre o evitare di accendersi altre sigarette per non peggiorare la propria situazione già estremamente cagionevole. La vecchia Europa, così bella ma così malata, sembra non riuscire a guarire, anzi, quello che si prova a fare con sempre più insistenza è proprio cercare di raggiungere il prima possibile l’assoggettamento globale che porterebbe a una morte lenta e straziante decretando così il nostro annientamento.
No, non è la trama di un nuovo film di Spielberg, ma quello di cui siamo certi è che di fantasia, nelle nuove manovre europee, ce né fin troppa.

Unione bancaria europea 
Sono anni ormai che una buona parte degli Stati europei, capeggiati dall’Italia, chiede a gran voce ai membri Ue di creare un’Unione bancaria che possa sostenere le possibili crisi finanziarie degli istituti di credito salvaguardando gli interessi dei cittadini. Questa richiesta è stata sempre rimandata al mittente, soprattutto da parte del capo di Stato tedesco, Angela Merkel, che non ha mai voluto condividere le difficoltà degli altri Paesi con il proprio popolo, forte di un’economia che viaggiava a gonfie vele e che dettava e detta tutt’ora legge all’interno dell’unione.
Il tempo, si sa, non fa sconti a nessuno ed è di pochi giorni fa la notizia che il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, abbia lanciato un appello per il completamento dell’Unione bancaria europea.
Ma come, in tutti questi anni hanno fatto di tutto per rimandare queste azioni e ora all’improvviso vogliono addirittura promuoverle? La soluzione dell’arcano mistero è presto detta ed è spiegata in poche e semplici parole dal nostro ministro dell’Economia Gualtieri, che dice: «Il cuore del piano di Scholz è non rendere più a "rischio zero" per le banche acquistare titoli di Stato, bensì misurare tale rischio sul rating del debito dei diversi Stati membri dell'Eurozona. Ciò, chiaramente, avvantaggerebbe la Germania, i cui Bund hanno un rating tripla A e sono considerati l'investimento sicuro per eccellenza. L'Italia e le altre nazioni con spread elevati e rating mediocri resterebbero penalizzate».
Morale della favola, più la nazione è solida, più è credibile sui mercati e più sarà facile vendere e acquistare i suoi titoli di Stato soprattutto da parte dei suoi istituti di credito. Al contrario, una maggiore esposizione sul debito, una maggiore incertezza sui mercati, renderebbero quei titoli di Stato poco appetibili, difficilmente vendibili e con richieste di interessi e aumento dello spread che farebbe crollare in breve tempo tutto il sistema bancario di quella nazione poco virtuosa. Per fortuna questa proposta a dir poco folle è stata rimandata al mittente stavolta da parte nostra, evitando almeno per il momento la distruzione di tutto l’ecosistema che si trova oltre i confini franco-tedeschi e che avrebbe messo in ginocchio l’intero Sud Europa.

Deutsche Bank 
La proposta effettuata dal ministro tedesco in realtà ha un doppio fine e riguarda anche il principale istituto di credito tedesco. Se i titoli di Stato detenuti dalle banche di nazioni con rating non eccelsi verranno considerati "a rischio" e dovranno essere compensati con accantonamenti, farà forse un po' meno paura la mostruosa (sedici volte il Pil tedesco) esposizione ai derivati alla quale è soggetta Deutsche Bank. Negli anni l’Istituto tedesco è riuscito a accumulare 48,26 trilioni di derivati tossici, una quantità di spazzatura finanziaria che avrebbe già fatto saltare qualsiasi altra banca europea. In questo modo invece si cercherà di alleggerire sempre di più l’esposizione sui derivati ripulendo il più possibile le casse germaniche a discapito degli altri. Questo è lo specchio di una cultura disfattista che da sempre imbriglia le risorse che dovrebbero essere usate nell’economia reale, indirizzandole nei meandri più oscuri della finanza speculativa. Basti pensare che nel mondo il valore dei derivati tossici (carta straccia venduta per affari) è pari a 2,2 milioni di miliardi di euro, una cifra che non si riesce neanche a pronunciare, praticamente 33 volte il Pil mondiale. Una corsa verso il salvataggio della Deutsche Bank che può avvenire proprio attraverso l’unione bancaria appena paventata nel subdolo piano tedesco, con conseguenze apocalittiche che in un sol colpo spazzerebbero via tutte le altre economie europee, in primis quella italiana.

Mes 
L’ultima manovra, ma non per importanza, di cui si sta discutendo e che in parte è stata già approvata all’interno dell’Unione, è quella riguardante il Mes (Meccanismo europeo di stabilità). In poche parole si starebbe pensando di irrigidire ancora di più la Troika che abbiamo visto in azione in Grecia solo pochi anni fa. Un’organizzazione internazionale dotata di ampi poteri sanciti nel suo trattato fondamentale (appunto quello che è stato approvato dal Parlamento). Il suo obiettivo principale è quello di prestare denaro ai Paesi in difficoltà, ma solo se gli viene concesso di sostituirsi al governo democraticamente eletto per imporre le proprie riforme. La conseguenza è piuttosto ovvia, la democrazia cessa di funzionare, i cittadini possono votare chi vogliono, ma l’agenda politica è quella del Mes.
Per il paese che non realizza le riforme del Mes-Troika sono guai, perché il prestito viene erogato in tranche, solo se (a parte concessioni discrezionali) lo Stato in difficoltà realizza le riforme. Esempio greco. I prestiti ad Atene sono stati concessi solo con l’applicazione di politiche di austerità estremamente pesanti. Per esempio, l’approvazione della legge di bilancio per il 2014 fu condizionata dal fatto che la Troika decise di rinviare il suo ritorno ad Atene, da cui dipendeva l’erogazione dell’ulteriore tranche di prestito, perché aveva dettato 135 riforme e ne erano state attuate soltanto 60. Non se l’è passata meglio Cipro, con il prelievo forzoso sui conti correnti che il Parlamento cipriota aveva per la prima volta respinto, salvo poi essere costretto ad accettare per le pressioni dei mercati e delle istituzioni internazionali. La riforma vuole andare oltre tutto questo. Perché se attualmente il Mes è progettato per funzionare principalmente in caso di gravi crisi finanziarie, con la riforma finirebbe per governare in via precauzionale tutti i paesi dell’Eurozona creando un sistema di gestione del debito pubblico e delle crisi bancarie dal quale nessuno potrebbe scappare. Uno dei punti fondamentali della riforma è infatti il rafforzamento delle linee di credito precauzionale (leggasi commissariamenti permanenti anche per i Paesi con solide basi) e della possibilità per il Mes di imporre concretamente le condizionalità.

In conclusione 
Le maglie che imbrigliano la nostra economia e quella dell’intera area euro sono sempre più fitte ed è come se stessimo sprofondando in delle sabbie mobili che ad ogni gesto ci portano sempre più giù. Quello che traspare in concreto è che non c’è nessuna unione di intenti, non c’è nessuna voglia di ripartire, non c’è nessuna speranza di poter rialzare la testa. Ognuno cerca di salvare il salvabile in attesa di una nuova fortissima e violenta crisi economica che renderebbe quella del 2008 un ricordo di poco conto. Gli indicatori economici ci espongono un quadro ben chiaro e poco rassicurante sul futuro prossimo dell’economia europea, ma la cosa ancora più negativa riguarda l’incredibile immobilità di chi dovrebbe guidare una rinascita individuale e collettiva, come una specie di resa incondizionata verso ciò che sembra inevitabile...

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