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Effetti collaterali di un'Economia "a tutta crescita"

Il tema dell’Acqua come bene comune e controresilienza del TTIP


17/04/2016

di Andrea di Furia

In Europa è stato così bello sentire per decenni la parola “crescita” che ci sentiamo nudi e soffriamo della sindrome di abbandono ora che làtita. La qual cosa riguarda anche le Imprese, specie le multinazionali, le quali per renderci felici si fanno in quattro e quattr’otto per trovare ovunque brandelli di crescita sul mercato internazionale. Messi tutti insieme fanno una bella crescita anche quando per tutti gli altri, specie per chi frequenta il mercato interno, la “crescita” è solo un miraggio, una fata morgana.

Essere pedissequi in questa malsana economia liberista, naturalmente, porta a massimizzare il valore per gli azionisti e a perseguirlo idolatricamente anche quando dal punto di vista del Territorio, delle Comunità e delle Persone il business “a tutta crescita” si configura come produttore di effetti collaterali distruttivi.

Un caso istruttivo ed esemplare è quello che vede contrapposti i paladini della crescita a tutti i costi della Nestlè, adepti di un modello economico in palese disprezzo delle comunità locali e degli ecosistemi.

Da San Bernardino, California a Cascade Locks, Oregon, a Fryeburg, Maine, The Story of Stuff project sta collaborando con le comunità colpite dal bullismo aziendale per proteggere i beni comuni dalla privatizzazione e per garantire l'accesso dei cittadini all'acqua. Ovunque la richiesta è chiara: nessuno spazio alla privatizzazione perché l'acqua del rubinetto pulita per tutti richiede investimenti solo nelle infrastrutture dell'acqua pubblica.

In California Nestlè ha 5 impianti per l’imbottigliamento di 705 milioni di galloni d’acqua all’anno, pari a 2,5 miliardi di litri. In particolare sta avendo qualche problema nella zona delle San Bernardino Mountains, dove un movimento sempre più importante di persone vuole mettere un fermo alla sua crescita.

Il livello dell'acqua nello Strawberry Creek, il torrente da cui Nestlé sta prendendo l'acqua, è al 10% di una media storica di 90 anni, e con quel livello la vita animale e vegetale dell’ecosistema forestale è a rischio.

Il 25 aprile Michael O'Heaney, Executive Director della Comunità che si riconosce in The Story of Stuff project, rappresenterà più di un milione di membri in un Tribunale federale. Davanti al Giudice, con i partner Courage Campaign e Center for Biological Diversity, sosterrà che il Servizio Forestale degli Stati Uniti deve chiudere i rubinetti nella zona della San Bernardino National Forest devastata dalla siccità.

In Oregon The Story of Stuff Project segue il caso delle Cascade Locks: un paradiso in terra immerso nel maestoso Columbia River Gorge che vede con preoccupazione il danno all’ecosistema e vive della partecipazione anche delle comunità indiane autoctone nella loro lotta per proteggere la loro risorsa più preziosa.

Per afferrare la complessità del problema a livello planetario, che investe i problemi dell’inquinamento, della raccolta differenziata (!) e del riciclo delle bottiglie di plastica, della rete idrica acqua pubblica e del business privato è interessante farsi un’idea più precisa con il seguente filmato americano del 2010.

Come in questo, in tantissimi altri casi e merceologie, si pone il contrasto tra il business e la sostenibilità dell’ecosistema territoriale, i diritti delle popolazioni e le prospettive future delle Persone.

Come correre ai ripari? Qui è meraviglioso vedere la capacità di controresilienza, di “pervicace adattamento” dei Signori del business a tutta crescita per continuare a fare ciò che vogliono loro: il Transatlantic Trade & Investment Partnership.

Geniale, vero? Con quest’accordo della discordia se le Popolazioni osteggeranno il business della povera multinazionale, sarà lo Stato a pagare le penali richieste dagli arbitrati previsti nell’accordo.

Con buona pace di tutti noi.

(riproduzione riservata)