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La cicala e le formiche


10/01/2022

A inizio d’anno di norma si parla di prospettive, ma oggi è difficile ipotizzare un futuro luminoso per le generazioni presenti e future.

Siamo davvero giunti agli antìpodi del miracolo italiano, quel periodo della storia repubblicana italiana tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso, in cui dalla miseria del dopoguerra ci si elevava verso un clamoroso benessere sociale: culturale, politico ed economico. Tutte le cose sembravano mettersi, l’una dopo l’altra, in ordine.

A distanza di quasi 70 anni la direzione si è invertita e ci stiamo avviando verso un clamoroso malessere sociale: economico, politico, culturale. Tutte le cose sembrano finire, l’una dopo l’altra, nel caos.

Difficile mantenersi lucidi sotto il bombardamento H24 dei bollettini sanitari che più che informare deformano la realtà fino a nascondercela; difficile comprendere gli stacchetti dei politici nei telegiornali; difficile capire le ragioni dell’aumento delle materie prime.

Ogni cosa a cui si pensa rimane per aria.

Prendiamo la durata dell’epidemia: dai tre/quattro anni dei più ottimisti arriviamo anche alle pessimistiche previsioni di Ilaria Capua sul Corriere dell’8 gennaio, “siamo all’inizio di un macrociclo che potrebbe durare centinaia di anni…”.

Prendiamo la crescita impetuosa nel 2021 dell’Italia intorno al 6%, il doppio o il triplo di altre economie della UE, e confrontiamola oggi, a inizio 2022, con interi comparti dell’economia nazionale (ceramiche, alluminio, cartiere, vetro, raffinerie, plastiche e persino il sistema del riciclo) messi in forse dall’aumento delle materie prime.

Parliamo di aziende piene di ordini!

Alcune delle quali mettono tutti in cassa integrazione, in attesa di capire come affrontare le oscillazioni (anche del 20%) del libero mercato dell’energia elettrica, perché con i prezzi quintuplicati non conviene produrre; altre sono costrette ad aumentare del 30% i prezzi; altre ancora a comportarsi come in tempo di guerra: organizzando turni di lavoro tra le 3 e le 6 di mattina o durante i fine settimana, quando le quotazioni scendono.

E la Scuola? Caos assicurato tutto l’anno nonostante gli obiettivi del Governo.

Veramente disgraziate queste giovanissime generazioni, vittime della “sindrome della cicala” (vedi debito pubblico in liberistica crescita continua) dei 67 Governi che si sono susseguiti dal 1946 ad oggi e che puntualmente, invece di fare qualcosa di diverso dai precedenti governi, hanno giocato allo “scaricabarile delle responsabilità” su chi li ha preceduti.

Direbbe Bartali, per chi si ricorda del campione di ciclismo tra gli anni ’30 e ’50:

“L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”.

Innanzitutto rifare...il modo di pensare il sociale economico, politico e culturale. Continuando a pensare il sociale come facciamo da decenni non possiamo che aumentare il caos locale, nazionale e mondiale.


Prendiamo un tipico pensatore di oggi: Elon Mask. Vede le problematiche ambientali in arrivo sul primo binario e la crisi dei combustibili fossili e si butta nell’auto elettrica. Auto elettrica che mette una pezza, ma non risolve le cause della crisi. Poi vede il problema dell’esaurimento delle materie prime planetarie e si butta nella colonizzazione dello spazio: anche questo mette (forse) una pezza, ma non risolve le cause della crisi.

Ed è lo stesso pensiero dei nostri Economisti, Politici, Professori: che mette una pezza, ma non risolve qualsiasi problema si affronti. Quanti governi, ad esempio, hanno fieramente combattuto la burocrazia? Tutti e 67! Qual è il risultato: burocrazia in liberistica crescita continua.

E’ dunque il pensiero della “non soluzione” dei problemi sociali che oggi affligge l’Italia (e il Pianeta) e che si giustifica dicendo che è colpa del sistema.

Bene, allora affrontiamo il sistema! Ma questa è una cosa che nessuno fa, né in Italia né in Europa, né altrove. E ci si scusa con l'emergenza continua.

Il nostro sistema ha una struttura unidimensionale: come quello di tutti i 200 Paesi del mondo non è né bidimensionale, né tridimensionale (le altre due forme possibili di sistema, essendo tre le dimensioni sociali: Economia, Politica e Cultura).

Sistema a struttura unidimensionale vuol dire che “una sola” delle tre dimensioni è al comando e domina le altre due. Pensiamo al Medio-evo papale in Europa, in cui la dimensione culturale-religiosa dominava Politica ed Economia. La Chiesa era ed è ancora in alcuni Paesi il contenitore indifferenziato del sociale tridimensionale.

Quando successivamente ha dominato la dimensione Politica, sempre in Europa, la struttura del sistema è rimasta tale e quale: unidimensionale, ovvero “una sola” dimensione (ora la Politica) ha dominato le altre due (Economia e Cultura). Lo Stato era ed è ancora in alcuni Paesi il contenitore indifferenziato del sociale tridimensionale.

Ora che domina l’Economia (economia, finanza, speculazione) su Politica e Cultura, la struttura del è sempre rimasta invariata: unidimensionale. Ma ora è sempre più il Mercato ad essere il contenitore indifferenziato del sociale tridimensionale (economico, politico, culturale).

Tra ognuno di questi passaggi di testimone del dominio sociale di una dimensione sulle altre due, il sistema acquisiva temporanea struttura bidimensionale: ossia due dimensioni confliggevano tra loro per il predominio.

A fine medio-evo il conflitto era tra Cultura e Politica, ma una volta vinto il conflitto da parte della Politica il sistema è tornato a struttura unidimensionale.

Stesso percorso nel XX secolo: il conflitto è tra Politica ed Economia, ma una volta vinto il conflitto da parte dell’Economia, a fine secondo millennio il sistema è tornato a struttura unidimensionale.

Adesso cominciamo a vedere il conflitto tra l’Economia e la dimensione culturale-sanitaria e, se non lo interrompiamo, il ciclo tornerà a svolgersi come prima.

Compresa la dinamica, è evidente che la causa originaria dei conflitti sta nella struttura unidimensionale del sistema, che favorendo “una sola” dimensione sulle altre due prepara al tempo stesso la futura conflittualità con le altre due.

E’ come pretendere di pagare i debiti facendo ulteriori e più grossi debiti: lo stesso modo di pensare dei 67 Governi italiani non solo riguardo al debito pubblico (risultato: più debito pubblico), ma anche alla burocrazia (risultato: più burocrazia), alla disoccupazione (risultato: più disoccupazione), alla criminalità organizzata (risultato: più criminalità organizzata) ecc.

Sono cambiati i tempi in questi 70 anni dalla nascita della Repubblica italiana, le donne e gli uomini, i Partiti, le prospettive economiche, la cultura… tutto è cambiato tranne una cosa: la struttura unidimensionale del sistema sociale.

E' possibile ipotizzare che la causa originaria del caos sociale fin qui prodotto nelle tre dimensioni sia la struttura unidimensionale del sistema? che invece della operosa sinergia tra le tre dimensioni fomenta il loro sterile conflitto perenne?

E’ possibile. E allora domandiamoci: perché non cambiarla? Perché non renderla tridimensionale?

Tridimensionale vuol dire che ogni dimensione ha il suo ambito specifico (non inquinato dalle altre due dimensioni sociali) e un suo contenitore differenziato: la Scuola per la Cultura; lo Stato per la Politica; il Mercato per l’Economia.


In questa struttura differenziata di sistema cambia qualsiasi modo odierno di pensare il sociale.

Pensiamo alla Scuola: ora si amministra da sé in toto e in ciò Politica ed Economia sono al suo servizio (non come ora che la Scuola è al servizio loro)

Pensiamo al Mercato: ora sono Produttori, Distributori e Consumatori ad amministrarla in toto sia per il commercio interno che per quello estero (non è più il ministero dell’industria ad occuparsene)

Pensiamo allo Stato: ora si occupa solo di sicurezza e relazioni nella Comunità nazionale (non si occupa più di Scuola e Mercato, eccetto quando serve il suo intervento per sicurezza e ricadute sulla Comunità)

Può finalmente essere smantellato quel costoso ’apparato burocratico mastodontico, letargico governativo che è ormai l'incubo di ogni minstro dell'Economia, per non parlare di noi sudditi-formiche.

Ci dà un’idea della sua esuberante composizione (che nella struttura unidimensionale a predominio politico si occupa di tutto il sociale economico, politico e culturale) uno stimato professore, sempre sulle pagine del Corriere della Sera, esperto in tema di affari giuridico-legislativi.

Sabino Cassese: «Eppure il Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, popolarmente noto come Dagi, ha un capo, due vicecapi, tre uffici, a loro volta ripartiti in 10 servizi, più quattro altre strutture denominate “settori” e “nuclei” e un centinaio di dipendenti. Sono tutti collocati al centro del governo, che è a sua volta una delle strutture più dotate di personale di alto livello, distribuito in non meno di quindici sedi, a fronte delle quali Downing Street, Number 10, e Palais Matignon, le sedi del Governo britannico e francese, impallidiscono».

Se, viceversa, la struttura del sistema è tridimensionale possiamo fare la raccolta differenziata del sociale, che è altrettanto tridimensionale: alla sostanza tridimensionale (economica, politica e culturale) finalmente corrisponde la sua struttura altrettanto tridimensionale del sistema sociale.

Noi formiche, amministrate da queste cicale, non siamo abituati a questa ampiezza di pensiero.

Eppure basta pensarci sopra e la differenza abissale tra un sistema caotico a struttura unidimensionale, causa "prima" di ogni diseguaglianza e turbolenza sociale, e un sistema sinergico a struttura tridimensionale è evidente.

E’ come mettere finalmente scarpe nuove della propria misura invece di continuare a calzare scarpe usate di tre numeri più piccole... per di più appartenenti ai propri genitori.

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