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La grande illusione sociale che vive di chiacchiere


19/10/2025

di Andrea di Furia

Gli eventi dell’ultimo quarto di secolo hanno il senso di porre fine alla ‘grande illusione’ di poter agire in modo ‘sociale’ in un ‘sistema evidentemente antiumano’, ma di cui non si percepisce con chiarezza  in cosa consista la sua strutturale antisocialità.

Se si osservano i media (tutti, social compresi) con attenzione, si vede che la ‘critica’ della realtà sociale è costante e che finisce solo e sempre per individuare persone che si ritengono portatrici dei disagi, delle diseguaglianze, dell’antisocialità, dei crimini, delle stragi, dei genocidi, dell’attuale feroce disumanità.

Si ritiene in ogni caso che cambiando le persone cambieranno anche le cose, ma questa visione contempla per lo meno solo una metà del problema sociale, creando con ciò un’illusione terribile che dura da almeno 9 generazioni [le consideriamo di durata trentennale: il tempo che il pianeta Saturno impiega per fare un giro attorno al Sole].

Questa convinzione mutilata della realtà sociale, e l’impossibilità che l’agognata sostituzione di Persone con altre più corrette avvenga nello stesso tempo, dovrebbero far scaturire la domanda se non esista altro termine di paragone: l'altra metà (che va oltre le persone nominate) tutt'ora mai presa in considerazione, che ci dia conto di questo malfunzionamento antisociale.

Questo termine di paragone esiste in realtà, ma non viene percepito come dovrebbe essere: lo si nomina ‘sistema’ e spesso si dice che, se le cose malfunzionano, è per ‘colpa del sistema’.

Teoricamente possiamo anche essere d’accordo, ma cos’è specificatamente il sistema?

Quasi per tutti è una cosa indeterminata, indifferenziata: più uno slogan per trarci d’impaccio e trovare consenso alle proprie tesi o giustificazione per la propria supposta impotenza… che una consapevole e reale percezione di cosa sia davvero concretamente il ‘sistema’.

Il risultato è che, come ha genialmente disegnato Altan su uno scorso Venerdì di Repubblica, “si parla di agire, si parla di agire. Si parla”.

E non dovrebbe meravigliarci il fatto che osservando solo la metà più evidente del sociale non si possa fare altro che parlare a vuoto, visto che si agisce solo su quello che si conosce e non su quel qualcosa di così indistinto e indifferenziato che chiamiamo ‘sistema’: così nessuno sa dove mettere le mani e se ce le mette ha la facile scusa che non è riuscito per colpa del ‘sistema’… mentre è colpa sua perché non conosce/non vuol conoscere il funzionamento dell’altra metà sistemica.

E si ricomincia da capo generazione dopo generazione: anche la nostra è caduta nella ‘grande illusione’ di poter agire nel sociale che ci è stato offerto dalla generazione precedente: un ‘sistema’ che non conosce per intero e di cui non può comprendere automatismi e leggi: che sono poi quelli che impediscono al suo agire sociale, quando agisce, di funzionare nel senso delle attese.

Il tema serio da seguire è che, se non si conosce il ‘sistema’ per intero, si va a casaccio: si naviga a vista, si parla di agire e non si agisce o, se si agisce, si compiono pure in buona fede azioni ‘vintage’ [ossia che riportano indietro l’orologio evolutivo sociale] come quella di prolungare a 13 le ore lavorative giornaliere: per molti un ritorno soft alla schiavitù ottocentesca, per altri un aiuto a evitare i trasferimenti per doppi/tripli lavori o per contrastare il lavoro nero, o per far raggranellare più soldi visto che la vita diventa sempre più cara ai sempre meno che lavorano… sempre più sottopagati.

A parte l’ipocrisia di taluni, una dimostrazione in più che un ‘sistema’ a predominio economico ha un dna interno che, prima o poi, vira inevitabilmente verso la schiavitù e la riduzione a mero costo numerico dell’essere umano.

Innovazione, meglio restaurazione epocale questa delle 13 ore volontarie, che cambierà anche il nostro linguaggio: non diremo più - quando si fa molta fatica a raggranellare quanto serve - che si deve lavorare come un Turco, bensì che si lavora come un Greco.

Va notato il modus operandi di un sistema mondiale ‘bonariamente disumano’ che sembra sempre favorirti anche quando ti schiavizza: lo fa in un modo dolce, mettendoti nelle giuste condizioni di difficoltosa sopravvivenza tanto da dover essere tu a rendere te stesso schiavo. Opportunità di schiavitù volontaria democratica che il compassionevole ‘sistema’ a predominio economico, naturalmente, ti offre per il tuo bene, per aiutarti.

Siamo perciò al punto chiave delle nostre considerazioni: occorre conoscere il sistema per quello che è, non indistintamente solo la metà solita e comoda da pensare, ma distintamente l’altra metà inosservata del sistema: differenziatamente, come abbiamo fatto nel nostro saggio “La raccolta differenziata del sociale economico, politico, culturale”.




Una presa di coscienza importante,
perché altrimenti potremmo essere portati ad opporre al mutilato e mutilante ‘sistema’ a predominio economico-finanziario un altrettanto mutilato e mutilante ‘sistema’ a predominio giuridico-politico o un altrettanto mutilato e mutilante ‘sistema’ a predominio culturale-religioso (o laico)… pensando di parlare [ancora una volta si parla e non si agisce] di tre ‘sistemi’ differenti.

Mentre invece sono identicamente indistinti nella loro essenza concreta mutilata e mutilante: identicamente malfunzionanti come dimostra la storia dell’ultimo millennio di evoluzione della nostra attuale civiltà occidentale. Storia inosservata, che pertanto nulla ha insegnato.

Cosa colora diversamente ogni indistinto ‘sistema’? Le diverse problematiche sociali che ciascun ‘sistema’ mutilato e mutilante offre all’osservazione immediata, ossia le emergenze: economiche, politiche, culturali di volta in volta acute o croniche.

Il nostro pensiero sociale (lo stesso oggi di ben 9 generazioni trentennali nostre antenate) si comporta come un Tizio che vorrebbe aggiustare un orologio meccanico da polso solo vedendo le 3 lancette… senza conoscere nessuno degli ingranaggi alloggiati nella cassa dell’orologio: ovvero l’altra metà che mette e mantiene in moto tutto il congegno.

Il ‘sistema’ è sì quell’orologio composto dalle 3 lancette (ore-Cultura, minuti-Politica, secondi-Economia), ma anche di altri ingranaggi inosservati che nei 3 sistemi mutilati e mutilanti rimangono gli stessi… mentre cambia solo il colore delle lancette [azzurre nel ‘sistema’ a predominio culturale; rosse nel ‘sistema’ a predominio politico; verdi nel ‘sistema’ a predominio economico]. Un dato estetico che nulla apporta di sensato e utile a risanare il sistema antisociale stesso.

Ora, per smettere di parlare astrattamente di agire nel sociale  – “Bisogna fare questo con urgenza”… ma poi nessuno si muove se non fuori tempo massimo a causa di mecanismi burcratici irrigiditi o di contrapposizione di interessi nascosti - e per poter agire concretamente nel ‘sistema’ orologio sociale (in senso risanante i suoi vari malfunzionamenti) occorre conoscere i diversi ingranaggi racchiusi nella cassa dell’orologio-sistema: quelli che strutturano e mettono in movimento il ‘sistema’ stesso in senso disumano… anche indipendentemente dal contributo volontario [es. Gaza] delle Persone.

Nel mio saggio indico alcuni di questi ingranaggi, la cui conoscenza decreta la morte della ‘grande illusione che vive di chiacchiere’ e la nascita, finalmente, dell’azione sociale (anch’essa indicata) concretamente operativa per un sano cambiamento in senso umano.

L’unica azione sociale che ci porta fuori dal conflitto perenne di Istituzioni e poteri elitari sclerotizzati, fuori da un’antisocialità sempre più disumana con la maschera della compassione addirittura cristiana (!!!), e dentro un ‘sistema’ davvero sociale in cui le Persone singole, le Comunità politiche e i Territori economici possano vivere più serenamente la loro evoluzione sociale.

(riproduzione riservata)