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Lo Stato, oggi, è un “bene” o un “male” sociale?


19/03/2023

di Andrea di Furia

Bella domanda, specialmente ora che viviamo in una Società gassosa a predominio economico parassitario. Domanda che non si sono fatta solo i fanciulleschi Neoliberisti, ma che si fa ognuno di noi via via che passano gli anni. Mentre per i prodi Neoliberisti - quelli dell’ossessivo-complusiva finta “crescita continua” - la risposta è bipolare (lo Stato è un maligno concorrente economico da sconfiggere; lo Stato è un benefico partner del lobbismo più distruttivo), per noi che facciamo parte della Comunità dei cittadini diventa invece ogni giorno di più “a senso unico”: lo Stato così come è stato realizzato dal pensiero sociale delle generazioni che ci hanno preceduto oggi è un evidente “male sociale”.

La cosa che però va manifestandosi sempre più chiaramente è che lo Stato è tafazzianamente un “male sociale” anche per le proprie istituzioni: per se stesso, quasi come avviene in una malattia autoimmune.

Nel caso della Comunità dei cittadini, ognuno di noi ha maturato le mille forme di mobbing statale - dei vari alluvionati, terremotati, aspiranti professionisti, imprenditori, operai, poveri ecc. - vendute propagandisticamente come “servizi agli amministrati”; mentre nel caso di quelle svariate forme di mobbing statale verso le proprie istituzioni (Parlamento, Magistratura, Amministrazione) ce ne stiamo accorgendo con sempre maggior frequenza, perché hanno purtroppo il deprecabile effetto collaterale di colpire sotto la cintura anche noi: la Comunità dei cittadini.

Comunità dei cittadini, ossia l’oggetto/soggetto delle attività dello Stato, ora sempre più inerme e disinformata da parte di una Entità nata per proteggere le nostre libertà, l’uguaglianza e la fraternità ma che è solo capace “discorsivamente” di fissarle in Carta costituzionale poi disattesa ad ogni emergenza (sanitaria, bellica, energetica), giustificandosi con altrettanti slogan discorsivi mai aderenti alla realtà: salute pubblica per difendersi da armi biologiche prodotte in laboratorio; difesa della Democrazia che abbiamo prima autoimposto in casa d’altri per poter poi giustificare il nostro intervento militare; boicottaggi-speculazione-attentati alle infrastrutture energetiche per business-brama o fregola imperialistica.

Per cogliere scientificamente (non dunque per opinione personale né per una sterile polemica) le dinamiche elementari (da insegnare a scuola e ai propri figli e nipoti) che portano una gloriosa istituzione come lo Stato sovrano a diventare un cassonetto dell’immondizia sociale che raccoglie indifferenziatamente i rifiuti economici, politici e culturali, invito Maestri e Professori, Genitori e Nonni, alla lettura del mio ultimo lavoro sul tema.


Per legge di evoluzione/involuzione strutturale sociale ciò che è storicamente un “bene” prima o poi diventa un "male": ad esempio lo Stato etico hegheliano all’inizio è un bene sociale per le masse di analfabeti dell’800, ma è già un male sociale come Stato totalitario comunista, fascista e nazista per le masse proletarie di inizio ‘900.

E così lo Stato etico viene sostituito dallo Stato democratico che oggi, nemmeno un secolo dopo, con crescente autoritarismo diventa un male sociale per le masse informatizzate di inizio terzo millennio.

E’ vero che buona parte di questa degenerazione proviene dall’attuale dominio lobbistico del Mercato globale sullo Stato nazionale, ma lo Stato democratico ci mette del suo... per opprimere chi dovrebbe tutelare.

Pensiamo ai poveri semplificando al massimo: ad esempio fanno fatica a spendere 100 euro per alimentarsi. Che ti fa lo Stato per aiutarli? Si inventa (in realtà eredita dal Medio-evo) un sistema fiscale che oggi incide sull’economia intorno al 75%. Con le tasse raccolte, diciamo pure che lo Stato riesce a trasferire ai poveri 100 euro per alimentarsi.

Ottimo dirà il solito politico non-pensante, che si ferma lì ed è contento di aver fatto del bene sociale, magari opinando di aver fatto “qualcosa di sinistra”... senza avvedersi di aver aggravato la condizione di povertà del Povero.

Il quale Povero, ricevuti i 100 euro, va felicemente al mercato per spenderli in alimenti: “Finalmente posso fare tutta la spesa che mi serve”, si dice tutto contento. Al Mercato, però l’attende l’amara sorpresa: i prezzi sono quasi raddoppiati! Quello che prima poteva comperare con 100 euro ora costa 175 euro.

Perché i prezzi delle merci sono raddoppiati a causa della fiscalità statale? Perché i produttori di alimenti hanno scaricato sul prezzo dei prodotti quanto richiesto a loro (75% di tasse su merci e rediti). Quindi con i 100 euro il Povero può comperare appena poco più della metà di quello che gli serve.

Per legge sociale di gravità, invece di fare il bene del Povero lo Stato fa il suo male: lo rende ancora più povero di prima. E il politico, che mai mangia alla tavola del povero, si vanta sui media e sui network di aver mitigato, se non risolto totalmente, il problema della povertà aumentando le tasse.

Così un bene sociale - il sistema fiscale finalizzato ad aiutare i deboli (culturali, politici ed economici) – diventa per gli amministrati dallo Stato uno strumento di tortura. Stato che chiede loro addirittura di essere contenti e soddisfatti senza neppure valutare un periodo di prova (negativo) che le varie generazioni di poveri hanno già abbondantemente subìto da secoli e decenni.

La soluzione è talmente, matematicamente semplice che non ci si bada: occorre delocalizzare il sistema fiscale dalle merci e dai redditi (che produce risultati economici deleteri per il Povero, ma che soddisfa l’ego dei Politici al potere) e rilocalizzarlo sulla Massa Monetaria: sul denaro antisociale, quello in sosta sui conti correnti, quello investito nella speculazione azionaria, obbligazionaria, su quella dei derivati tossici, dei futures alimentari ed energetici ecc. Lo dice a chiare lettere il matematico-imprenditore Nicolò Giuseppe Bellìa.

In contropartita a quella che appare l’odiata tassa patrimoniale, naturalmente, vanno eliminate tutte le altre tasse dirette e indirette. Al posto del 75%, questa rilocalizzazione richiede una percentuale inferiore alla Flat tax del 15%, in esame al governo. Gli altri requisiti necessari alla rilocalizzazione fiscale sono sintetizzati nel capitolo 9 del libro consigliato.

Le differenze tra questa rilocalizzazione del tributo fiscale sul denaro tolto dalla circolazione e dagli scambi, rispetto ai benefici della flat tax, sono diverse e assolutamente vantaggiose per la Comunità dei cittadini.

La flat tax non elimina l’aggravio dei prezzi delle merci (inflazione fiscale), la contiene solo in termini più ridotti: più “vasellinici”; non elimina la possibilità di evadere o di eludere le tasse, né colpisce i profitti della criminalità organizzata.

La rilocalizzazione come unica tassa sulla massa monetaria, invece, impallina i capitali criminali assieme a quelli degli evasori e degli elusori; elimina la necessità del costosissimo controllo ai sopracitati, riducendo al minimo sindacale il bulimico apparato statale relativo e abbattendo ulteriormente l’aliquota delle tasse necessaria alla vita statale e alla tutela dei più deboli; riduce la burocrazia (sono migliaia le leggi che vanno in disuso curando concretamente, non a chiacchiere programmatiche, l’eccesso di indicazioni fiscali) eliminando totalmente la necessità delle dichiarazioni dei redditi. [Rimando per gli altri requisiti necessari sempre al capitolo 9 del libro sopra indicato]

Lo Stato, con ciò, libererebbe dalla propria crescente oppressione autoritaria la Comunità dei cittadini. Perché ancora non lo fa?

Le ragioni sono varie:

  • in primo luogo, per l’incapacità pensante dei Politici al potere i quali si occupano del consenso dei cittadini (per servirsene) senza avere il senso dello Stato (per servire i cittadini)
  • in secondo luogo, perché risolvere i problemi sociali alla radice richiede pensieri nuovi, non quelli ereditati dalla famiglia, dall’ambiente, dall’ideologia politica, dalla pubblicità progresso statale o dai lobbisti del Mercato globale
  • in terzo luogo, dovrebbero conoscere la differenza basilare tra la “sostanza” (economica, politica, culturale) e la “struttura” (UNIdimensionale parassitaria, Bidimensionale conflittuale, TRIdimensionale sinergica) del sistema sociale: cosa, quest’ultima, in cui manifestano un’ignoranza al limite della cecità mentale, da cui deriva la rituale "non soluzione" dei problemi sociali affrontati.


Ora qualcuno potrebbe obiettare che il modo di affrontare la Povertà da parte dello Stato è solo un caso, un’eccezione e che verso le sue stesse Istituzioni lo Stato è invece un bene in assoluto.

Ma non è così, perché questa modalità sterile di risolvere i problemi sociali dipende dai pensieri vecchi di generazioni a cui ogni nuova generazione acriticamente si affida: modalità, in realtà, autolesionistica.

Prendiamo i Sindaci, cui viene affidata l’accoglienza, ad esempio, dei Migranti minori della maggiore età. Accoglienza che presuppone un luogo di raccolta adeguato e sano, separato dagli adulti Migranti e l’accesso all’istruzione, alla sanità, al riconoscimento legale ecc.

Immaginiamo adesso la felicità del Sindaco cui si è richiesto (l’anno scorso, 2022) di occuparsi dell'accoglienza di 20 minori appena sbarcati a Lampedusa. Dovrebbe già essersi messo in condizione  di offrire il servizio comandato dalle soccorrevoli leggi dello Stato: l’ultimo decreto legislativo che ha colmato il vuoto legislativo riguardante i minori migranti (con la Senatrice Zampa come prima firmatrice) è del 2017.

Invece il Sindaco, anche volenterosissimo, quasi ha un infarto: l’accoglienza costa, ha bisogno di una rete sociale che costa attivare e seguire, ha bisogno di strumenti legali per muoversi.

Uno magari si meraviglia e apostrofa il Sindaco: "Ma come, ti lamenti? Lo Stato ti dà dei soldi, anche europei e ha fatto una legge apposita per darti gli strumenti per agire nelle regole".

Il nostro Sindaco però gli fa notare che le leggi in Italia sono una trappola per Sindaci, non un servizio al Cittadino: e anche quella sui minori migranti, per essere attivata nel concreto, richiede i decreti attuativi che ci mettono anni ad essere articolati e che, per la legge Zampa del 2017, non sono stati ancora prodotti tutti. E sono passati più di 5 anni.

Poi l’accoglienza richiede un finanziamento. Ora, per una strana dinamica ripetitiva nell’attività del governo distributore di aiuti (che ricorda quella aumenta-poveri delle tasse sulle merci) si stanno stanziando finanziamenti in relazione agli arrivi dell’anno scorso (20 minori di 18 anni), ma quest’anno sono triplicati a quasi 60 arrivi e il finanziamento statale (previsto per 20) è diventato un’elemosina antieconomica e un chiaro invito al Sindaco di arrangiarsi: col rischio a carico di qualche denuncia da avversari politici perché, volendo aiutare i minori migranti, ha magari anticipato azioni consentite dalla legge Zampa, ma non ancora regolamentate dai decreti attuativi. Se questo non è autolesionismo statale congenito, o male sociale autoimmune conclamato… cos’è? Sicuramente, basarsi sul passato (20 minori) e non sul futuro (60) è perfetta antieconomia che approfondiremo.

Meno male, e ne tratteremo, che anche per i Minori emigranti ci sono i Tutori Volontari (che facilitano molto l'accoglienza e integrazione e fanno rete) anche in questo caso capaci di mitigare ritardi e omissioni dello Stato: vetero-pensato male da generazioni di Politici, Professori ed Economisti ancora incapaci di adeguare il pensiero sociale a vantaggio non solo delle generazioni future, ma neppure a vantaggio di quelle presenti.

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