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Voto europeo: un rito economico... che si finge democratico


26/05/2024

di Andrea di Furia

A cavallo del terzo millennio si è affermato, in modo evidente ora a tutti a livello mondiale, il dominio della dimensione economica sulle altre due: con ciò il cosiddetto sistema acquista una struttura che è antisociale perché UNIdimensionale parassitaria: parassitaria delle altre due dimensioni sociali (Politica e Cultura) che depotenzia e vampirizza.

Il parassitismo “gassoso” economico affaristico, lavorando nell’ombra per non svegliare chi ancora dormiva della grossa, si è a poco a poco creato i propri organismi internazionali sovranazionali e ha sostituito il preesistente antisociale parassitismo Unidimensionale “liquido” politico democratico.

Prima di proseguire, va chiarito che la democrazia reale in un sistema antisociale parassitario è una pia illusione sia quando la struttura del sistema è dominata dalla liquida Politica, sia quando è dominata dalla gassosa Economia.

La gassosa parassitica e antisociale Economia si serve della Democrazia e dei suoi istituti come di una foglia di fico per coprire le proprie vergogne. L’unione Europea è una delle tante istituzioni economiche mascherate, in questo caso, da un trucco politico democratico per salvare le apparenze.

In particolare, si dimostra veritiera questa breve analisi se andiamo a vedere in che condizioni operative versa il più democratico degli istituti europei, il Parlamento: le cui elezioni si terranno dal 6 al 9 giugno, a seconda dello Stato membro.

I parlamentari europei avranno solo un potere "esecutivo" molto limitato: voteranno le leggi elaborate dalla Commissione che, fin dalla sua istituzione, non è stata altro che una docile cinghia di trasmissione della Nato all’interno delle istituzioni europee.

I parlamentari hanno anche un altro incredibile potere: quello di formulare risoluzioni ossia pareri a maggioranza semplice, che però nessuno legge e tantomeno dà seguito.

In realtà il Parlamento europeo non possiede alcuna delle caratteristiche legislative e regolamentari dei parlamenti nazionali: non serve quasi a nulla… solo a far eleggere parlamentari che per la durata del loro mandato costeranno 15 miliardi di euro, cui va aggiunto il costo delle elezioni nei singoli Paesi.

Poiché l’attuale maggioranza è atlantista, tutti questi pareri riprendono la propaganda logorroica della NATO senza la minima posizione originale, perciò si risparmierebbero quei 15 miliardi se le "veline" umane fossero sostituite dall’intelligenza artificiale dei droni, più “user friendly” per la NATO e meno costosi per noi.

Situazione, nel futuro prossimo, non tanto peregrina: Mady Delvaux, una parlamentare appartenente al partito operaio socialista del Lussemburgo, ha proposto per i robot, in quanto lavoratori infaticabili, di dotarli di una «personalità elettronica».

Chi è che conta davvero nella UE? La Commissione europea e il Consiglio dei capi di Stato e di governo, dietro cui ci sono naturalmente i protagonisti del macello-marketing euramericano: immancabili quando l’antisociale struttura parassitaria del sistema è a predominio economico, finanziario, commerciale.

In un paese democratico il Parlamento raccoglie il voto del Popolo attraverso i Partiti, e i Trattati europei avevano previsto Partiti europei: che però non esistono: segno che non esiste ancora un Popolo europeo.

I partiti nazionali sono quindi spinti a coalizzarsi in alleanze per designare il proprio candidato alla presidenza della Commissione europea e tra questi candidati il Consiglio europeo dei capi di Stato e di governo sceglierà. Jean-Claude Juncker e in seguito Ursula von der Leyen sono stati quindi designati prima che la loro coalizione conquistasse la maggioranza relativa.

A chi toccherà ora? Un’ipotesi potrebbe essere che dopo la presentazione del suo rapporto sulla competitività delle imprese europee, Draghi sarà scelto per sostituire la ricandidatura di Ursula von der Leyen.

Un maneggio che consentirebbe di cambiare brutalmente i temi in discussione: durante il periodo elettorale si discute dei risultati dell’amministrazione von der Leyen, ma poi, improvvisamente, il tema centrale diventa federare l’Unione europea in uno Stato unico... a scapito degli Stati membri e dei relativi popoli.


Ci chiarisce le idee sullo Stato-europa Thierry Meyssan (giornalista e attivista politico francese, fondatore di Rete Voltaire):

«È un argomento di cui gli elettori non capiscono nulla. Possono capire che "l’Unione fa la forza", ma non capiscono le conseguenze che si ripercuoterebbero su di loro se gli Stati membri scomparissero. L’Unione europea non è affatto un organismo democratico, ancor meno lo sarebbe lo Stato-Europa.

Anche se Mario Draghi non potesse presentarsi, la domanda centrale, ma occultata, rimarrebbe questa:Le popolazioni dell’Unione europea devono o no formare uno Stato unico, benché oggi non formino un popolo unico?”.

In altre parole, accetteranno che le decisioni vengano loro imposte da una maggioranza di “regioni” (non si parlerebbe più di Stati membri) alle quali non appartengono?

In ambito economico, l’Unione si sta muovendo verso una specializzazione del lavoro. Per fare esempi, alla Germania andrebbe l’automobile, alla Francia toccherebbero i prodotti di lusso e alla Polonia i prodotti agricoli. Ma come reagiranno gli agricoltori tedeschi e francesi che saranno sacrificati all’interesse di quelli polacchi, o i produttori di auto polacchi, a loro volta sacrificati a beneficio di quelli tedeschi?

In ambito di politica Estera e di Difesa, l’Unione ha sposato la linea atlantista. In altre parole, difende le stesse posizioni di Washington e Londra. Ma questa linea potrebbe essere imposta a tutti, anche agli ungheresi, che si rifiutano di diventare antirussi, o agli spagnoli, che si rifiutano di sostenere i genocidi israeliani.

Secondo i Trattati, la Difesa dell’Unione è affidata alla Nato. Il presidente statunitense Donald Trump pretendeva che questa difesa non costasse nulla agli Stati Uniti e che gli europei aumentassero le spese militari al 2% del PIL. A oggi solo 8 Stati su 27 lo hanno fatto. Se la Ue diventasse un unico Stato, il desiderio di Washington diventerebbe un obbligo per tutti. Per alcuni Paesi come l’Italia, la Spagna e il Lussemburgo, ciò significherebbe un’improvvisa riduzione dei programmi sociali. È improbabile che le popolazioni lo apprezzerebbero.

Inoltre, c’è il caso particolare della Francia, che è membro permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e possiede la bomba atomica. Dovrebbe mettere queste prerogative al servizio dello Stato unico, con il rischio che la maggioranza del Consiglio europeo le usi contro le opinioni dei francesi. Ma anche in questo caso le popolazioni non lo accetterebbero.

A questi problemi politici si aggiunge quello organizzativo. L’èra industriale ha lasciato posto a quella dell’informatica e dell’intelligenza artificiale. Le organizzazioni verticali dell’inizio del XX secolo, in economia e in politica, hanno lasciato posto a organizzazioni orizzontali e in rete.

Il modello verticale dello Stato-Europa è quindi superato prima ancora di nascere. Inoltre, chiunque conosca quest’enorme macchina amministrativa, ne ha già visto la futilità: alla fine serve solo a rallentare la crescita che invece sarebbe supposta stimolare.

L’Unione è ormai molto indietro rispetto a Cina, Russia e Stati Uniti; il progetto federale non solo le impedirà di riprendersi, ma la farà addirittura retrocedere rispetto alle potenze emergenti».

Come si esce da questo chaos antisociale economico dominante? che si finge democratico, ma facendo godere solo pochi eletti? Con la raccolta differenziata del sociale economico, politico, culturale: ossia sostituendo all’antisociale struttura UNIdimensionale parassitaria di sistema la struttura TRIdimensionale sinergica (di cui parliamo da quasi due settenni su questa rubrica).

Buone elezioni europee a tutti.

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