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È sano avere fede incondizionata nella Scienza?


20/12/2021

di Andrea di Furia

Essere donne e uomini del proprio tempo significa non solo vivere, ma anche comprendere il proprio tempo. Pensiamoci ad esempio antichi Egiziani sotto il Faraone-dio: salta all’occhio sùbito quanto differente fosse quel “proprio tempo” dal nostro “proprio tempo”; quanto fossero differenti i “noi” di allora dai “noi” di oggi.

A quei tempi antichi il ritmo della vita era stagionale, scandito dalle feste di primavera, estate, autunno e inverno. Oggi quel ritmo è diventato giornaliero, addirittura orario.

La socio-diversità si basava allora sulla dimensione Cultura, che poggiava sulla fede religiosa, mentre ora si basa sulla dimensione Economia, che poggia sulla fede scientifica.

Da un certo punto di vista siamo dei “noi” agli antìpodi, ma da un altro punto di vista manteniamo simili orientamenti dogmatici di pensiero: come allora la divinità in cui si aveva fede era diversa in relazione alla stirpe, alla tribù e poi al popolo, così oggi la scienza in cui si ha fede appare diversa in relazione all’ambito della sua applicazione.

Considerazione sorta in un dialogo con un amico che mi riportava a casa, e che dà ragione sia a chi dice che il mondo è molto cambiato, sia a chi dice che il mondo è sempre lo stesso e non cambia mai.

Il dialogo, che si svolgeva su di un percorso notturno con pochissime macchine in circolazione, verteva sulla “esagerazione o meno di questa fede nella Scienza” che si è particolarmente sviluppata dalla propaganda sanitaria H24 in atto da quasi due anni.

Inquadriamola nei suoi caratteri generali: l’obiettivo della Scienza è quello di pervenire a una descrizione verosimile, con carattere predittivo, della realtà e delle leggi che regolano l'apparenza dei fenomeni; e il metodo sperimentale, tipico della scienza moderna, prevede di controllare continuamente che le osservazioni sperimentali siano coerenti con le ipotesi e i ragionamenti svolti.

Possiamo suddividere le discipline scientifiche in tre categorie: scienze formali, empiriche e applicate. Le prime, di cui fa parte anche la matematica, costruiscono teorie astratte. Le seconde, a loro volta suddivise in scienze naturali (fisica, chimica, biologia, geologia, astronomia) e scienze sociali, studiano la natura a partire da osservazioni empiriche. Le terze (es. ingegneria, medicina), servendosi dei risultati delle prime due, fanno progredire la tecnologia e l'industria sviluppando nuovi prodotti e servizi.

Mentre il mio amico riteneva molto fondata la sua fede nella Scienza e adduceva a sostegno delle sue argomentazioni la risposta veloce della Scienza medica all’epidemia da Covid-19, la mia posizione era priva di questa fede incondizionata.

Cercavo di sostenere l’argomentazione che "serviva un approccio prudenziale" rispetto alle fanfare della biennale propaganda mediatica sull’efficacia definitiva dei vaccini.

Efficacia che le varianti stesse contestano alla scienza-propaganda, la quale dalla comunicazione che i vaccini salvano sicuramente la tua vita è passata alla comunicazione più corretta che i vaccini riducono il rischio delle forme più gravi di contagio.

Inoltre, non tanto sull’ideale della Scienza quanto sulle sue "applicazioni concrete" facevo notare come queste fossero in genere orientate più facilmente alla distruzione e al male (bomba atomica, devastazione planetaria) che alla salute e al bene dell’Umanità.

Sui vaccini a spettro planetario, poi, è banalmente predominante in questo senso l’aspetto remunerativo della produzione sull’aspetto salutare dei pazienti. E ciò è anche confermato del fatto che sia le case produttrici sia i Governi (ora informatori sanitari e clienti allo stesso tempo) si sono già cautelati per non pagar dazio in caso di possibili effetti collaterali indesiderati.

Il mio interlocutore mi ha stoppato però, affermando che la sua fede si basava sui dati ufficiali resi pubblici, che il mio era un ragionamento astratto e che la Scienza medica è diversa da ogni altra Scienza.

A casa, ragionando prima di addormentarmi, mi sembrava di aver parlato in generale di applicazioni concrete della Scienza che tendono più alla distruzione che alla salute dell’uomo: non di astrazioni.

Al risveglio già non ci pensavo più, quando mi cade sotto l’occhio l’articolo di Gianluca Di Feo (La Repubblica di venerdì 17 dicembre 2021) sugli arsenali di domani: Oltre ai robot guerrieri arriva l’era delle armi per controllare la mente.

Lunedì 13 dicembre, a Ginevra, un comitato dell’ONU si è riunito per tentare di definire un trattato sui robot guerrieri: armamenti fuori controllo umano, droni che ubbidiscono al pensiero senza bisogno di comandi per missioni omicide in autonomia, raggi invisibili per condizionare la mente.

Gianluca Di Feo: «Ormai qualsiasi sistema militare viene progettato per fare a meno dell’uomo: la nuova generazione di aerei, navi, carri armati nasce con la predisposizione a essere priva di equipaggio. Anche in Europa: il caccia Tempest disegnato da Gran Bretagna, Italia e Svezia potrà volare con o senza pilota, sincronizzandosi in azione con una squadriglia di droni combattenti. […] Ma i 125 Paesi che da otto anni discutono su come mettere le redini ai robot d’assalto sembrano lontani da un’intesa».

Come volevasi dimostrare... con l'aggravante che la Scienza ha già dimostrato di poter fare a meno dell'uomo.

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