La via breve per il sociale richiede più del normale pensare
03/10/2021
di Andrea di Furia
Il normale pensare che applichiamo al sociale non ha la forza di dominarlo. Che sia così lo dimostrano le migliaia di “successi anoressici” raggiunti dalla Civiltà occidentale. Come mai avviene questo, indipendentemente da chi si accinga a intervenire nel sociale? Dipende dalla “debolezza” del nostro pensare quotidiano.
Di fatto, il pensiero con cui pensiamo abitualmente è la risultante tra una serie di percezioni sensoriali esteriori e un pensare ordinatore interiore che presuppone un rapporto dualistico tra il soggetto osservatore e l’oggetto osservato.
Come fa lo scienziato, che osserva un virus sul vetrino del microscopio: lui qui, il virus lì.
Ma il sociale, il sistema, la Società umana con l’uomo, nella realtà, non hanno questo rapporto dualistico, separato, hanno invece un rapporto unitario: l’uomo dentro il sistema sociale ci vive!
Per osservare la realtà sociale, chi se ne occupa dovrebbe avere un occhio capace di cogliere l’uomo “da dentro” il sistema sociale. Mantenendo l’esempio dello scienziato, costui (sembra un paradosso ma non lò è) dovrebbe guardare sul vetrino del microscopio non un semplice virus, bensì un virus al cui interno scorga anche l’uomo.
Dunque, il pensiero concettuale di tutti i giorni ha bisogno di una maggior forza per approcciare “dall’interno” [dunque, non più solo dall'esterno] il sociale. E questa forza la riceve dall’immagine-sintesi che si sviluppa interiormente quando chi osserva accoglie anche nel proprio sentire pensante ciò che percepisce nel mondo esterno.
Poggiando su una di questa immagini-sintesi - ad esempio quella con cui paragoniamo ogni Stato sovrano attuale a un cassonetto della spazzatura indifferenziata sociale (tanti sono rifiuti economici, politici e culturali che si sono disordinatamente ammassati qui negli ultimi due secoli) – il pensiero si rafforza: di fatto è un pensare che è anche guardare e un guardare che è anche un pensare.
Questo guardare-pensare ha la forza di approcciare in modo sano e fecondo il complesso sistema sociale attuale; è il pensare più adatto a osservarlo dall’interno: dal punto di vista concreto della vita sociale stessa.
Questo modo diverso, più vigoroso, di pensare ci apre la via breve per il sociale di cui parlavamo due settimane fa come praticabile in alternativa alla via lunga, che è quella che abitualmente percorriamo per affrontare tutte le problematiche.
Tutti dobbiamo rammentare che la via lunga è quella che ai mille problemi sostanziali sociali mette altrettante mille pezze, mentre la via breve è quella che parte dalla struttura sociale tridimensionale per risanare poi, in seconda battuta, i mille problemi sociali.
L’immagine-sintesi del cassonetto dell’indifferenziata sociale tridimensionale Stato è un’immagine strutturale… “palpabile”, per così dire, tanto è azzeccata. L’abbiamo interiorizzata da almeno due secoli di pratica vita sociale e ne conosciamo tutti i difetti, che ci vengono elencati da migliaia di libri pubblicati sul tema in questi due secoli.
Oggi però siamo di fronte a un cambiamento molto importante, direi epocale anche se passa inosservato dai più: perché il Mercato ha fatto proprio il ruolo di contenitore dell’indifferenziata sociale, prima appartenente allo Stato.
Ora è il Mercato che ammassa in sé, indifferenziati, i rifiuti sociali economici, politici e culturali, e l’approccio strutturale al sociale ci fa immediatamente vedere come il presente e il futuro si orienteranno in maniera antisociale e fortemente precaria per tutti, salvo le élite al potere. Prevedibile quindi un’impennata delle diseguaglianze sociali, della disoccupazione, della povertà ecc.
Cosa infatti accade? Accade che la dimensione economica ha preso il sopravvento su Cultura e Politica; ma più che di commercio, parliamo di finanza e speculazione senza freni: antieconomica e, per ciò stesso, antiambientale.
E se precedentemente nella Società liquida politica tutto passava per il filtro dello Stato, ora nella Società gassosa economica tutto passa per il filtro Mercato: che poi è dominato da chi detiene il denaro.
Sicché il predominio dell’economia su Politica e Cultura porta a nuove conflittualità, da cui la Politica uscirà imbrigliata e succube dei desideri dei Gruppi dominanti l’Economia; e la Cultura regredirà (naturalmente con l’eccezione vistosissima di tutto ciò che è tecnoscientifico) a livelli mai visti per le masse.
L’immagine- sintesi del Mercato come cassonetto unico dell’indifferenziata sociale tridimensionale non lascia spazio a illusioni di sorta: l’Economia non può che rinunciare al suo dna fraterno, e assumere un dna predatorio. Un clamoroso errore di pensiero sociale, reso evidente dai risultati antisociali ottenuti, e che è stato realizzato dal mutilante pensiero sociale dei promotori del Neoliberismo: che ormai hanno colonizzato tutti i posti chiave istituzionali nelle tre dimensioni sociali, su quasi tutto il Pianeta.
Pensiero oppiaceo, in realtà, che vivendo nel bidone dell’indifferenziata Mercato è destinato a degradarsi, a corrompersi, a inquinarsi producendo ulteriori tossicità sociali. In più, ora la differenza con il precedente cassonetto dell’indifferenziata Stato è molto smaccata: lo Stato ha bisogno di rendere tutti suoi Sudditi, mentre il Mercato ha solo interesse, se non viene moderato dalle altre due dimensioni sociali, a renderci tutti suoi Schiavi.
Se prima il focus dimensionale politico era la Comunità democratica, e la tendenza era la socializzazione totale della realtà tridimensionale, ora il focus dimensionale economico è sull’Impresa speculativa, e la tendenza è la finanziarizzazione totale della realtà tridimensionale.
Tutto dev’essere "piegato" a produrre utili, anche se il prodotto per farli è scadente e persino tossico: è questo il paradiso che ci offre il mutilato pensiero neoliberista, l’errore sociale che ha colonizzato il Pianeta.
Teniamo sempre presente che siamo nel cassonetto della spazzatura sociale indifferenziata Mercato, e non su di una gondola superordinata di un Ipermercato (immagine irrealistica, questa, per sintetizzare il Mercato globale e i sui effetti antisiociali).
E che il nostro futuro vada verso un cielo finanziario sempre più buio ce lo dice anche il cambiamento, spesso inosservato nelle sue terminali implicazioni, del linguaggio burocratico politico corrente: che ha acquisito terminologie usuali in campo aziendale.
Parole come governance, benchmarking e best practices ora sono il verbo usato anche nello Stato e dai Partiti. E la dicono lunga sulla differenza tra la precedente Società liquida politica e l’attuale Società gassosa economica.
Sul tema Marco D’Eramo, nel suo istruttivo Dominio - La guerra dei potenti contro i sudditi, riporta una serie di osservazioni di Wendy Brown, da Undoing the Demos: Neoliberalism's Stealth Revolution (Cancellare il Popolo: la rivoluzione invisibile del Neoliberalismo):
Wendy Brown «Quando la governance prende il posto del governo, veicola con sé un ben determinato modello di vita pubblica e di politica […]. La vita pubblica è ridotta a problem solving ed esecuzione di programmi, una distribuzione delle parti che mette tra parentesi o elimina politica, conflitto, e deliberazione su fini e valori comuni». [Vedere Draghi per credere: come ha risolto egregiamente la conflittualità della coalizione che lo sostiene sulla “carota comune” recovery found].
Marco D’Eramo: «La governance introduce un modello gestionale d’impresa indipendente dalle finalità dell’istituzione a cui si applica. Qui entrano in gioco i concetti di benchmarking e di best practices. […] Il benchmarking costituisce graduatorie e punteggi, quindi spinge a creare tecniche di gestione, organizzazione del lavoro di assetto aziendale che migliorino la graduatoria e il punteggio; e queste tecniche vengono universalmente chiamate best practices».
Wendy Brown «Una premessa chiave del benchmarking è che le best practices possono essere esportate da un’industria o da un settore all’altro e che le migliori riforme avranno luogo adattando in modo creativo pratiche da un campo all’altro. La presunta intercambiabilità dei processi e delle pratiche […] hanno parecchie implicazioni […]. In primo luogo, nel benchmarking le pratiche sono separate dai prodotti. Si ritiene che produttività, riduzione dei costi, o soddisfazione del consumatore siano inerenti alle pratiche indipendentemente da ciò che è prodotto, generato o distribuito. Questo permette a pratiche del settore privato di spostarsi prontamente al settore pubblico; permette per esempio che strutture educative e sanitarie siano trasformate da pratiche sviluppate nell’industria aeronautica o dei computer. In secondo luogo, la ragione per cui le pratiche sono separabili dai prodotti e trasferibili è che lo scopo ultimo di ogni e qualunque organizzazione è presunto essere lo stesso: vantaggio competitivo in un dato mercato».
Già dopo questi pochi passi sulla via breve al sociale ci possiamo rendere conto di come l’errore di pensiero neoliberista applicato al sociale richieda una soluzione strutturale immediata: istituire la raccolta differenziata del sociale tridimensionale.
Il Parlamento deve legiferare il passaggio, così come ha già fatto per i rifiuti urbani, a un sistema sociale che faccia la raccolta differenziata dei rifiuti sociali economici, politici e culturali.
Come sulle nostre strade vediamo un cassonetto per la raccolta differenziata della plastica, uno per l’umido e uno per la carta, così leggi parlamentari e regolamenti devono prevedere per il cassonetto Mercato la raccolta dei rifiuti solo economici, per il cassonetto Stato quelli solo politici e per il cassonetto Scuola solo quelli culturali.
(riproduzione riservata)