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Pratici o Teorici nel sociale?

L’approccio sbagliato al bipolare moderno


01/04/2019

di Andrea di Furia

Assistere a una notizia politica al TG oggi fa davvero cadere le palpebre. Vince sempre “facile” l’opposizione. Il Governo si esprime a 2 voci (il Duo Malvini - Salmaio), mentre l’opposizione sembra l’Idra di Lerna. Due voci governative dicono che va bene, che stiamo per far ripartire l’Italia, e 9 voci all’opposizione dicono che va male, che siamo sulla china che porta all’abisso.

Come non credere all’opposizione anche se tifi Governo? Per come è usata la TV per la propaganda, non possiamo far altro che "pensare" che tutto vada male; per come viviamo la realtà di inizio terzo millennio, non possiamo far altro che "sentire" che tutto vada male; per come ragioniamo sulle problematiche sociali, non possiamo far altro che "volere" che tutto vada male.

Volere, sì lo vogliamo! Abbiamo voluto la bicicletta sociale i cui due pedali sono i “pratici e i teorici” sponsorizzati dai Partiti. Quindi, con un costo della vita aumentato del 15% in dieci anni e con il reddito medio diminuito del 3%, ci tocca solo pedalare di mala voglia sulla montagna della sopravvivenza. Sembra un controsenso, voler far andare male le cose, ma effettivamente vogliamo che tutto vada male anche quando cerchiamo di fare le cose per bene.

Le maggiori vittime di questo boomerang sociale sono, più dei teorici, i “pratici”: quelli vogliono fare, senza perdersi in chiacchiere. Cosa lodevolissima, se non fosse che questa bramosia di fare non è sufficientemente “pensata”. È puro volontarismo istintivo: lo stesso dei malati di eccessivo attivismo lavorativo. La sindrome da dipendenza dal lavoro (workaholism) è un disturbo ossessivo-compulsivo, un comportamento patologico di una persona troppo dedita al lavoro, che pone in secondo piano la sua vita sociale e familiare sino a causare danni a sé stessa, al coniuge, ai figli.

Qui il danno dei “pratici” risanatori sociali è causato alle tre dimensioni sociali: Economia, Politica e Cultura. Che non conoscono. Non ne conoscono le dinamiche interne; non ne conoscono le dinamiche interdipendenti. Pensano il sociale da risanare in modo “puntuale”. Dato un problema, ecco la pezza.

Per loro è facilissimo fare male al sociale complessivo (economico, politico, culturale), difficilissimo fare bene perché agiscono senza pensare fino in fondo le conseguenze del loro operato.

I teorici invece sono il loro esatto opposto: pensano troppo e agiscono poco. Anche per loro è facilissimo fare male al sociale, difficilissimo fare bene. Non portano fino in fondo le loro ipotesi specialistiche perché il campo della realtà concreta si amplia altre le loro competenze specialistiche.

Se fossimo un teorico che deve agire nella dimensione economica, diciamo per la raccolta dei rifiuti, a un certo punto ci perderemmo in problematiche culturali e politiche insormontabili perché conoscenze e responsabilità di altri, non nostre.

Se invece fossimo un “pratico” ci concentreremmo su di un problema concreto tipo: servono 6 termovalortizzatori. Pensare che esistano altri sistemi, magari meno invasivi e meno dannosi per l'ambiente, ci fa subito venire il mal di testa. Cosa stiamo a pensare, diremo a noi e agli altri, c’è un problema e questa è una soluzione. Non perdiamo altro tempo.

Tuttavia questi due modi di pensare – ipertrofico dei teorici e ipovedente dei pratici – sono entrambi dannosi per la Società umana moderna. Vanno sostituiti, altrimenti tutto diventa faticossissimo, lentissimo, insoddisfacentissimo… per dirla alla Reinhold Messner.

Oggi, ad esempio, funziona sempre meglio il sistema della raccolta differenziata. Facile o difficile istituirla?

Se uno ci pensa, oltre ai sistemi di raccolta e trasformazione e alle leggi istitutive un compito estremamente importante lo hanno svolto gli asili e le Scuole elementari dove i bambini sono da subito culturalmente indirizzati ad applicarla. Tanto che la insegnano ai Genitori.

Questo modo di vedere così le cose fin dall’inizio, però, è “tridimensionale”. Non è “puntuale” come quello dei “pratici”, è neppure “specialistico” come quello dei teorici: è sistemico; è panoramico a 360°.

Uno potrebbe obiettare che sto approfittando di una conquista recente. In realtà può dirlo solo perché non sa che la prima raccolta differenziata dei rifiuti urbani data 1832: una conquista di 187 anni fa.

 


La prima traccia di raccolta differenziata nella storia contemporanea si ha nella Napoli borbonica, capitale del Regno delle Due Sicilie, sotto l'amministrazione di Ferdinando II, che emanò la norma con decreto del 3 maggio 1832. Il prefetto di Polizia Gennaro Piscopo la controfirmò:

Tutt’i possessori, o fittuarj di case, di botteghe, di giardini, di cortili, e di posti fissi, o volanti, avranno l’obbligo di far ispazzare la estensione di strada corrispondente al davanti della rispettiva abitazione, bottega, cortile, e per lo sporto non minore di palmi dieci di stanza dal muro, o dal posto rispettivo e che questo ispazzamento dovrà essere eseguito in ciascuna mattina prima dello spuntar del sole, usando l’avvertenza di ammonticchiarsi le immondezze al lato delle rispettive abitazioni, e di separarne tutt’i frantumi di cristallo, o di vetro che si troveranno, riponendoli in un cumulo a parte”. Poi aggiungeva che “Dovranno recarsi ne’ locali a Santa Maria in Portico, dove per comodo pubblico trovasi tutto ciò che necessita” ed inoltre il divieto “di gettare dai balconi materiali di qualsiasi natura”.

Per quanto sbalorditiva per l’epoca, era pur sempre un risultato del pensiero puntuale-pratico. Per cui, cambiata la situazione amministrativa i problemi da risolvere erano altri... e cade nell’oblio.

Nell’Italia monarchica la raccolta, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani sono stati disciplinati più di un secolo dopo, per la prima volta, dalla Legge 366 del 1941. Ma attenzione, sempre di pratici e teorici si tratta per cui nessuno ebbe l’idea che la strategia vincente fosse quella panoramica che considera anche la Scuola (oltre allo Stato e al Mercato).

Sicchè invece continuare e migliorare anche nella neonata Repubblica italiana cade nell’oblio, e ricomincia il calvario delle attese. Quando ci si mette tanto è perché i teorici specialisti sono al comando: di raccolta differenziata nessuno se ne occupa più per oltre 30 anni. Poi c’è un rigurgito dei pratici: in attuazione della direttiva 75/442 del 1975, il DPR 915 del 1982 stabilisce obblighi relativi al riciclo, al riuso e al recupero.

Sembra però che i pratici perdano un colpo, perché passano ancora 6 anni in attesa della legge 475 del 1988, più specifica, che istituisce una serie di consorzi obbligatori per il riciclo e imponendo esplicitamente la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani.

Come si vede c’è sempre l’approccio “pratico-puntuale” e “teorico-specialistico”, mai quello “panoramico-tridimensionale”. I risultati sono sempre gli stessi: grandi perdite di tempo tra un passo e l’altro, grandi sprechi di risorse tra un’evoluzione e l’altra, grandi danni all’ambiente tra un approccio teorico e un approccio pratico.

Ci sono comunque lenti e risicati progressi, perbacco! Ma sono l’eccezione che conferma la triste regola. Grazie allo sforzo culturale nel 2014 la raccolta differenziata è al 45%, in grave ritardo però rispetto a un obiettivo politico-economico del 65% ipotizzato per il 2012. Meglio al Nord o al Sud? Dipende. Se Milano era al 49% nel 2015, Salerno era invece al top con il 74% già sei anni prima, nel 2009.

Solo un esempio questo, ma se ne potrebbero fare tantissimi altri perché l’approccio al sistema sociale teorico-pratico rappresenta le due facce della stessa consunta medaglia. È sempre parziale (puntuale/specialistico) e perciò sbagliato. Mai sistemico. Mai panoramico-tridimensionale: mai compiutamente economico, politico, culturale.

Di fatto fare le cose per bene nel sociale economico, politico e culturale moderno è estremamente difficile perché il sistema stesso non lo favorisce , ma lo ostacola.

Daltronde, possiamo davvero avere il coraggio di lamentarci di tutto quanto non funziona se non cambiamo “mente”? Se non cambiamo approccio già nei confronti dell'intero sistema sociale e delle sue "sane" dinamiche tridimensionali?
Anche nel sistema sociale complessivo vale il detto “ignorantia non excusat”.

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